La vita di un bambino può essere molto difficile. Crescere, infatti, non è solo un’avventura meravigliosa, ma un percorso che può essere costellato da sfide e difficoltà non semplici da superare.
Come può l’adulto aiutare il bambino ad affrontare serenamente alcune inevitabili tappe di sviluppo verso l’autonomia? È certamente necessario osservare e ascoltare attentamente il bambino, prestando attenzione a tutte le sue manifestazioni emotive. Le sue capacità di verbalizzazione sono sicuramente più limitate rispetto ad un adulto - e per tale motivo le manifestazioni emotive possono essere molto intense - ma non lo sono le sue capacità di comprensione e comunicazione.

Al contrario, spetta proprio all’adulto il compito di mettersi nei panni del bambino e osservare il mondo con i suoi occhi, per sostenerlo laddove ha bisogno di supporto. La pedagogia del 900 ha parlato per la prima volta di puerocentrismo, ossia dell’esigenza dell’adulto di assumere la posizione del bambino per comprenderne autenticamente i suoi bisogni e i suoi vissuti. Il bambino non è infatti un adulto in miniatura, né un adulto a metà, ma un essere dotato di una straordinaria capacità di apprendimento, con modalità di pensiero e ragionamento differenti rispetto a quelle dell’adulto. Montessori ci ha insegnato che è compito all’adulto creare un mondo a “misura di bambino” e con questo termine non si intende semplicemente l’allestimento di uno spazio fisico e di un materiale didattico alla portata del bambino. Si intende soprattutto la capacità di sintonizzarsi col mondo – bambino, rispettandone i tempi e ritmi, ma anche di immedesimarsi nelle sue capacità espressive e cognitive, al fine di realizzare una comunicazione più efficace.

Alcuni ostacoli verso l’autonomia sono ben noti ai genitori e spesso agitano l’adulto ancor prima di iniziare ad affrontarli: abbandonare il ciuccio o il pannolino, dormire nella propria cameretta, inserirsi in un servizio per l’infanzia possono essere delle sfide evolutive non semplici da gestire.

Tuttavia, se impariamo a conoscere come ragiona il bambino, possiamo intervenire offrendo il supporto di alcune strategie che potrebbero supportarlo ad affrontare il compito o, per lo meno, a contenerne la portata emotiva.
I bambino amano molto i rituali. In verità, anche l’adulto mantiene tutta una serie di rituali in momenti particolari della sua vita (prima di addormentarsi o prima di uscire di casa, per esempio, ossia quando sente di perdere il controllo sulla situazione o sul suo territorio). A maggior ragione, per il bambino assumono una fondamentale funzione di contenimento e di rassicurazione. Il rituale è costituito in genere da uno schema di azioni che si ripete, prima dell’evento stressante, in maniera pressoché invariata e ha la funzione di contenere la sua ansia e rassicurare il bambino, come se gli si dicesse “non ti preoccupare, è tutto sotto controllo”. Il bambino potrà allora richiedere che alcuni oggetti siano esattamente in una certa posizione o di ascoltare sempre la stessa fiaba, esattamente con le stesse parole...

Ai rituali si associa spesso il cosiddetto oggetto transazionale, fondamentale compagno di viaggio nella crescita del bambino. Dal peluche al giocattolo preferito, dal cuscino alla bambola, questi oggetti danno al bambino conforto e sicurezza, al punto da poter diventare inseparabili. L’oggetto transazionale rappresenta la madre, o più in generale, le figure familiari, ne contiene l’ansia da separazione, rendendo l’altro presente nel tempo e nello spazio.

Infine, a partire dai due anni, può diventare molto utile la capacità di drammatizzazione del bambino, il cosiddetto gioco simbolico o gioco del “facciamo finta che”. Il gioco simbolico costituisce una tappa evolutiva fondamentale nel bambino, che testimonia la conquista di capacità cognitive molto raffinate: adesso il bambino può rappresentarsi mentalmente anche oggetti e situazioni che non percepisce direttamente. Grazie al linguaggio, con una parola un oggetto può essere trasformato in qualcosa di più bello e utile. Il bambino potrebbe trovarsi in una stanza completamente vuota e immaginare un mondo meraviglioso, sviluppando infinite possibilità di gioco.
L’adulto può sfruttare tutte queste progressive abilità de bambino per aiutarlo a superare più serenamente alcune sfide evolutive e piccole frustrazioni che inevitabilmente si presentano nel corso dello sviluppo.

A casa nostra, per esempio, intorno ai due anni e mezzo inoltrati abbiamo iniziato a ragionare sulla necessità di salutare definitivamente il ciuccio. È così è nata spontaneamente la fatina dei ciucci, una misteriosa fata che di notte passa a ritirare i ciucci dei bambini grandi, lasciando in cambio un regalo per premiare il coraggio dei bambini. Allora, la sera abbiamo accuratamente impacchettato il ciuccio, con tanto di nastri e fiocchetti, e lo abbiamo lasciato sul balcone, certi che la fatina lo avrebbe visto immediatamente. Al mattino dopo, abbiamo scoperto che davvero la fatina era passata e aveva lasciato un bellissimo regalo…
Non abbiamo ancora deciso che cosa se ne faccia la fatina di tutti quei ciucci, a volte immaginiamo che diventino pietre preziose per rendere ancora più bella la fata, a volte che vengano lasciati in mare e si trasformino in pesci colorati. Qualunque sia il destino, il rituale dell’impacchettamento e la simbolizzazione della fatina hanno certamente dato un significato ad una difficile esperienza di separazione.