D.W.Winnicott (1896-1971) prima pediatra e poi psicoanalista della scuola inglese del gruppo degli indipendenti, che si formò fra il 1943 ed il 1944, e che non erano schierati né con A.Freud (1895-1982) e né con M.Klein (1882-1960), tuttavia le loro scuole di pensiero hanno avuto molta importanza nella sua formazione, ma egli ha sviluppato una propria originale teoria psicoanalitica.
I suoi concetti psicoanalitici, essendo lui pervaso dalla prospettiva pediatrica sono tutti orientati al'approfondimento di quegli aspetti teorici che più direttamente interessano le vicende infantili della psiche.
Per Winnicott la madre, mediante la preoccupazione primaria si pone per un certo periodo come identità vicariante del suo bambino, per permettergli di sviluppare la sua soggettività. Nel primo periodo della vita il bambino crede di essere onnipotente, ad esempio crede che se a fame compare magicamente il seno che lo nutre, il bambino attraversa quindi una fase di dipendenza totale dalla madre che si occupa di lui e se prende cura, la quale consegna al figlio l'illusione di creare il mondo circostante, poiché lo mostra a lui senza ritardi, la madre crea quindi uno spazio protetto psichico e fisico al bambino, ma il bambino non vive la sensazione di essere protetto. Egli vedeva quindi il bambino come completamente dipendente dalla madre e dalle sue cure e che poi attraversa una fase di dipendenza relativa nella quale il bambino inizia ad assumere consapevolezza dell'ambiente esterno e dei suoi bisogni, fino a giungere infine all'indipendenza. Affinché il bambino possa raggiungere lo stadio dell'indipendenza è necessario che vi si una madre sufficientemente buona, che consente al bambino di introiettare l'ambiente esterno. La madre infatti deve essere sufficientemente in grado di fare una serie di cose, affinché il bambino abbia uno sviluppo sano. Inizialmente la madre deve saper anticipare empaticamente i bisogni del bambino, deve essere quindi in una prima fase in grado di illudere il piccolo che può soddisfare i suoi bisogni con la forza del pensiero, ma durante la crescita del bambino deve anche saper disilludere il bambino, per favorire il processo di separazione individuazione. La madre ha il compito di presentare gli oggetti del mondo al bambino, ma anche di prestargli cure e attenzioni affettive mediante l'holding e l'handling, il primo rappresenta gli aspetti di natura psichica, si riferisce alla sua capacità di allontanare l'imprevedibile e dare affetto, mentre il secondo riguarda la manipolazione tattile che la madre fa sul corpo del bambino, favorisce la personalizzazione del bambino, saldando psiche e soma.
Il bambino tuttavia tende a sviluppare da solo una modalità di allontanamento dalla madre, il bambino sceglie un oggetto di solito morbido come un peluche od una coperta con il quale sostituisce la madre; esso prende il nome di oggetto transizionale, esso è dotato di qualità specifiche è contemporaneamente parte della realtà interna del soggetto, ma è pure un oggetto appartenente oggettivamente al mondo esterno al bambino, quindi occupa un posto che ricopre due aree quella del bambino e quella della realtà, questo oggetto aiuta il bambino a prendere sempre maggiore contatto col mondo, evolvendosi nella vita con l'interesse per gli oggetti culturali e per le arti.
Quando invece il bambino non riceve adeguate cure, sviluppa delle patologie. D.W.Winnicott reputa il processo analitico una riparazione alla crescita avvenuta in maniera problematica, considerava il setting come uno spazio di cura come quello che la madre effettua nei primi tempi con suo figlio.
Egli attribuì alla stanza d'analisi molta importanza, doveva essere un posto accogliente che trasmettesse al paziente la capacità di essere capito empaticamente, questo consentirebbe al paziente di internalizzare precocemente la figura dell'analista e questo aiuta il paziente, con l'aiuto dell'analista ad elaborare i suoi vissuti e successivamente anche i suoi problemi.
Al contrario di Klein considerava che il bambino fosse ben disposto verso la vita e che non avesse pulsioni aggressive, ma che i problemi vari che un bambino presentava, dipendevano dalle interferenze dell'ambiente esterno, considerando in generale che lo stato di salute non dovesse essere considerato uno stato di grazia dovuto all'assenza di malattia, ma anzi come qualcosa di naturale e positivo in sé.
Tuttavia come la Klein si occupò anche della primissima infanzia, del processo della crescita,centrando però la sua attenzione sui rapporti madre-bambino, rivolse la propria attenzione alla coppia madre-bambino, a come i due componenti della diade imparano a conoscersi ed alle loro continue interazioni, trascorse molto tempo nell'osservazione madre-bambino ed anche nella cura dei bambini. La tecnica dello scarabocchio è stata intesa da Winnicott come un incontro ludico senza regole, una modalità di gioco in comune e come una co-creazione ludica.
La visione di Winnicott sulla figura dell'analista, prevede che questa non rispetti la neutralità classica, anzi non si limita solo a giocare col paziente, ma anche a fare egli stesso se ritenute opportune delle libere associazioni, l'importante è trovare un punto di incontro su cui lavorare, giocando assieme, infatti per lui “la psicoterapia si compie nell'area in cui il gioco del paziente e quello del terapista si sovrappongono” (D.W.Winnicott, 1971). Il gioco strutturerebbe profondamente l'insieme dei rapporti umani, poiché egli considera che il compito di ciascun individuo di accettare la realtà, non è mai del tutto completato, dato che nessuno è libero. Dal dover mettere in relazione la propria realtà con quella esterna, il gioco aiuta a relazionare queste due ambienti.
Winnicott è stato fra i maggiori esperti del mondo infantile. Ma secondo M.Khan, allievo dello stesso Winnicott, quest'ultimo è fra gli psicoanalisti che hanno dato il maggior contributo ad una visione equilibrata dell'essere umano in generale e non soltanto dei bambini, anche perché le sue teorie sono da lui state illustrate con un linguaggio comune tanto che risultava comprensibile a chiunque. (Pelanda C., 1999).