Il fenomeno del narcisismo è stato studiato approfonditamente da A. Lowen, uno psicanalista statunitense che analizzò il mito greco dal quale trae origine il termine. Nel mito Narciso, al quale l’indovino Tiresia aveva vaticinato alla nascita che avrebbe avuto una lunga vita a patto di non conoscere mai se stesso, era un giovane bellissimo che faceva innamorare di sé tutti coloro che incontrava. Tra costoro, la ninfa Eco, che per una maledizione, non poteva parlare ma solo ripetere ciò che gli altri dicevano. Costei non poté dunque dichiarare il proprio amore a Narciso, che la respinse. Eco dal dispiacere trascorse il resto della vita in valli solitarie gemendo per il suo amore, finché non rimase di lei che la voce. La vicenda di Eco suscitò la compassione della dea Nemesi che decise di punire Narciso per la sua durezza. Il castigo consistette nel far sì che il giovane si innamorasse della propria immagine, cosa che accadde quando Narciso si specchiò in un torrente. Il giovane rimase così a rimirare il riflesso di sé, finché si accorse che si trattava della propria immagine e che quindi non avrebbe mai ottenuto amore da essa: questa consapevolezza, come aveva predetto Tiresia lo portò alla morte dal dispiacere. Narciso morendo si trasformò nel fiore che da lui prende il nome.
Secondo Lowen la Ninfa Eco simboleggia nel mito la voce interiore di Narciso; se Narciso fosse stato in grado di dire ‘ti amo’ la Ninfa lo avrebbe ripetuto, facendolo così sentire amato. Ma Narciso non è in grado di amare profondamente se stesso, così come non è in grado di accogliere la propria voce interiore. E ciò che gli resta è solo la possibilità di innamorarsi del proprio riflesso. Narciso rinuncia alla sua profondità interiore e si accontenta di ciò che è superficiale ed effimero: l’immagine rispecchiata dalle acque di un ruscello…
Queste caratteristiche si ritrovano in coloro che hanno una personalità (o perlomeno alcuni tratti) narcisisti. Ciò che li accomuna è la grande difficoltà a provare sentimenti profondi, sia per sé che per gli altri. Le relazioni che il narcisista instaura, sia amicali che amorose, sono dunque superficiali, spesso di breve durata in quanto interrotte non appena finisce l’idillio iniziale e il rapporto si approfondisce, richiedendo un’attenzione e una cura ai bisogni dell’altro. Il narcisista non si mette davvero in relazione con l’altro, sostituendo al rapporto reale uno mitizzato, costruito sui propri desideri. Accade di frequente quindi che l’altro, in precedenza idealizzato, una volta mostrato il suo vero volto, perda ogni fascino per il narcisista che si era costruito un personaggio ‘su misura per sé’. La delusione porta all’abbandono e alla ricerca di un altro che sia ‘a propria immagine e somiglianza’, proprio come il riflesso nel ruscello di Narciso. La vacuità di questa ricerca si dimostra nei continui cambi di partner che spesso il narcisista effettua. La mancanza di empatia nei confronti degli altri può del resto portarlo ad essere spietato, sfruttatore, addirittura sadico. Questa tendenza nasce proprio dall’incapacità a rendersi conto che gli altri hanno dei sentimenti, che non è altro che un riflesso dell’incapacità a cogliere i propri sentimenti più profondi e autentici.
Proprio come il giovane del mito, il narcisista è infatti attento alla superficie, alla forma fisica, alla bellezza, all’essere sempre alla moda, apprezzato da tutti. Coltiva soprattutto il suo aspetto esteriore, trascurando invece le proprie parti più profonde e autentiche. La gamma emotiva provata da una persona con queste caratteristiche è quindi più ristretta: non ci sono spazi per grandi dolori o per gioie autentiche, anche se tali emozioni sono spesso ‘recitate’: il narcisista è spesso un bravo attore che dissimula ciò che non riesce davvero a provare.
Spesso le persone che presentano un disturbo narcisistico sviluppano stati depressivi anche importanti. I fattori scatenanti possono essere relazioni problematiche o mancati riconoscimenti in ambito professionale, oppure da un senso di insoddisfazione generico. Quello che si evidenzia in tutti questi casi è la profonda discrepanza tra le aspettative idealizzate e la realtà. Sono gli ideali insoddisfatti e le aspettative deluse quelle su cui la persona si focalizza, provando un forte senso di disperazione.
Un altro autore che ha studiato a fondo il narcisismo è Christopher Lasch, che nel suo libro La cultura del Narcisismo esamina la società americana degli anni ’70 dimostrando come i tratti sopra descritti siano caratteristici dell’intera cultura occidentale. L’Io ha rimpiazzato la società, il proprio scopo personale ha scalzato la ricerca di valori e di ideali comuni. E d’altra parte la società non fa altro che rimandare un’immagine positiva di chi adotta atteggiamenti narcisisti: l’individualismo è spinto all’eccesso, la scalata al potere viene vista come massima realizzazione personale. Sono osannate la bellezza fisica, la prestanza, la lotta contro la vecchiaia, la negazione della morte; la sessualità del tutto distaccata dai sentimenti, viene vista come pratica salutista o come diritto al piacere, e non come ricerca di contatto e intimità profonda. Gli altri, in questo quadro, sono tenuti alla larga, visti con sospetto, invasori della propria privacy. La vittoria ad ogni costo e la competizione sfrenata completano lo scenario che fa da sfondo al narcisista, che vede premiato il proprio atteggiamento volto alla soddisfazione dei propri bisogni e alla chiusura nei confronti dell’altro.
Si comprende bene quindi come il disturbo narcisistico sia in costante aumento negli ultimi tempi: alimentato da una cultura che ne fa propri i tratti caratteristici, viene tollerato quasi come fosse una caratteristica di sé non negativa né tantomeno patologica. A quale prezzo però? Quello della perdita della propria autenticità più profonda, dell’appiattimento dei propri sentimenti e delle proprie emozioni e della rinuncia a relazioni veramente appaganti.
E’ possibile uscire dalla condizione narcisistica? Sì, a patto di accettare di dare ascolto alla propria voce interiore, qualunque cosa abbia da dire.