La vita e gli studi di Sigmund Freud e di Melanie Klein costituiscono il riferimento psicanalitico nel quale si muove l'autore della tesi Depressione: un discorso tra filosofia, biologia e psicoanalisi, Paolo Ornaghi, nel delineare uno degli approcci al problema del disagio psichico, in particolare alla patologia depressiva. L'autore della tesi sostiene l'importanza di una visione interdisciplinare in un campo dove i problemi sono sia di ordine fisico che psicologico e coinvolgono l'intera esperienza del paziente.
L'autore in particolare, per quanto riguarda Freud, fa riferimento al saggio classico sull'argomento "Lutto e melanconia" (1915) e scrive "Il lavoro si apre con una distinzione tra due stati psicologici che in gravi condizioni possono assumere rilievi patologici, due stati simili ma non identici: il lutto, che è una depressione dovuta alla perdita di un oggetto verso cui era concentrato un investimento libidico, e la melanconia, un disagio causato da un senso di mancanza e d'avvilimento del sentimento di sé. Nel primo caso si assiste ad un vero e proprio scarto tra realtà esterna ed interno psichico: i fatti attestano inequivocabilmente che l’oggetto non c’è più, tuttavia l’Io del soggetto che subisce lutto stenta a ritirare l’energia pulsionale, la libido investita sulla persona o oggetto venuto a mancare. Ciò che accade nel lutto è il doloroso sforzo dell’Io nel tentativo di riappropriarsi della propria energia. Solo quando il ritiro della libido è completamente compiuto, quando la realtà della perdita è stata accettata l’Io si trova di nuovo in grado di potere compiere un nuovo investimento; questo stato, quando degenera in psicosi, può portare il soggetto ad un totale estraniamento dalla realtà.
Anche nel caso della melanconia troviamo un utilizzo problematico ed ambivalente di forze psichiche, la scomparsa dell’oggetto, qui, viene portata direttamente sull’Io stesso in un processo di identificazione tra istanza psichica e realtà smarrita, l’investimento oggettuale, tramite questa regressione, viene sostituito e soppiantato da un’identificazione interna e la perdita dell’oggetto/persona si trasforma così in una perdita dell’Io. Questo stato si concretizza poi con attacchi contro sé stessi, auto rimproveri ed un senso diffuso di dolore e scoramento; tale prassi, per il depresso, ha un valore simbolico, in quanto gli attacchi contro sé stessi sono diretti ad un oggetto determinato, quella parte dell’organizzazione interna dell’apparato psichico che è l’Io."

Ornaghi evidenzia come il pensiero di Freud sia antesignano sia delle successive scoperte della psichiatria, sia del substrato organico della depressione: "Notevoli le assonanze dunque, notevole soprattutto il fatto che l’analisi freudiana anticipi di cent’anni circa le moderne acquisizioni della psichiatria pur non possedendone i mezzi. Un altro fatto degno di nota si può riscontrare nella conclusione della terza citazione, dove le cause tossiche lasciano intravedere le implicazioni chimiche da me precedentemente illustrate.
In quest’opera ed in generale in tutto il corpus freudiano si nota prepotente il senso della malattia come mezzo teoretico, come tensione conoscitiva."