Vincent LaMarca è un poliziotto prossimo alla pensione a cui viene affidata l’indagine sul brutale omicidio di uno spacciatore. Vincent individua il presunto colpevole nel tossico conosciuto da tutti con il nome di Joey Nava, che ben presto si scopre essere suo figlio, abbandonato in seguito ad un divorzio burrascoso. Vincent, scoprendo la storia del figlio entra lentamente in contatto con la dimensione affettiva, che fino a quel momento aveva tenuta chiusa e sigillata. Vincent, in uno struggente dialogo con Michelle (la donna che, dopo anni di solitudine, ha iniziato a frequentare), racconta che suo padre Angelo LaMarca è stato giustiziato a Sing Sing per il rapimento e la morte di un bambino. Vincent aveva solo otto anni. E nel racconto riaffiora prepotentemente il dolore di essere sempre stato considerato il figlio dell’assassino, lo sguardo sospettoso della gente, convinta tale padre, tale figlio. Vincent racconta di aver voluto essere sempre ‘irreprensibile’, in modo che nessuno potesse mai ‘accusarlo di avere una colpa’ e per questo la scelta di diventare poliziotto e di conquistare una solida immagine sociale. E poi la litigata furiosa con la moglie, in cui non ha saputo trattenere uno schiaffo e la paura che la violenza ‘ereditata’ dal padre esplodesse. La decisione di lasciare la famiglia, abbandonando il figlio esattamente all’età che aveva lui quando il padre fu giustiziato. Vincent, dopo questo liberatorio dialogo con Michelle, torna a casa e il citofono suona: è Gina, la compagna di suo figlio che gli consegna una scatola con i ricordi più importanti di Joey. Vincent chiede a Gina per quale motivo li ha portati proprio a lui e non alla madre e come faceva a sapere del suo indirizzo. Gina racconta dei difficili rapporti tra Joey e la madre e di quante volte siano arrivati fino sotto al portone del padre, senza che lui avesse il coraggio di citofonare e dirgli che aveva bisogno di lui. Gina gli dice anche che è nonno di un bimbo di due anni…Angelo. Vincent rimane senza parole, ma il suo è un dolore che è rimasto senza parole per così tanti anni. La telecamera si posa sulle sua mani che aprono la scatola dei segreti Joey: videocassette di quando era bambino. Ma i guai della famiglia LaMarca sono destinati a peggiorare: Spyder, lo spacciatore socio di quello che ha ucciso Joey, spara al collega di Vincent, ma dell’omicidio viene sospettato Joey. Per Vincent è il crollo definitivo: il suo compagno ucciso da suo figlio. Forse. Il suo amore di padre lascia aperta la possibilità che il figlio sia innocente, gli lascia la possibilità di spiegarsi, di non condannarlo senza la certezza dei fatti. Ma dello stesso avviso non sono i capi di Vincent che lo condannano senza processo. Struggente il dialogo tra Vincent e la ex-moglie, in cui lei gli chiede di aiutare il figlio ‘che ha sempre desiderato che lui tornasse a proteggerlo’. Spyder intanto minaccia anche Gina e il figlio Angelo, costringendola a portare il piccolo dal nonno, abbandonandolo lì. E mentre Vincent cerca di capire cosa fare, Joey chiama il padre e gli chiede aiuto, dichiarando la sua innocenza. Il padre gli da appuntamento nel ‘posto dove andavano a vedere gli aeroplani’ e nonostante siano passati tanti anni, nessuno dei due ha dimenticato il luogo dove hanno trascorso momenti felici, solo loro due. Joey arriva, fidandosi del padre e del fatto che non lo avrebbe consegnato ai colleghi, gli racconta la sua versione dei fatti, ma soprattutto quanto gli è mancato. Il loro dialogo è struggente e Vincent chiede al figlio di costituirsi, ma lui se ne va, dicendo ‘chi sta parlando l’uomo o il poliziotto?’. Sottolineando, così, la sua paura di non essere consigliato e sostenuto dal padre con amore. Vincent non sa come aiutare il figlio: ormai tutta la polizia si è convinta che sia proprio l’omicida del collega, tranne uno della scientifica che ha una prova che scagiona Joey. Nessuno lo ascolta e lui decide di rivolgersi a Vincent che è sempre più pronto a combattere per lui. Affida Angelo alle cure di un assistente sociale e decide di stanare Spyder e inchiodarlo alla sua colpevolezza, ma Spyder mette Vincent in scacco e sta quasi per ucciderlo, quando Joey arriva e salva il padre. Vincent cerca di convincere suo figlio a costituirsi e gli racconta di avere la prova che lo scagiona dall’assassinio del poliziotto. Ma Joey non vuole, ha paura che nessuno gli creda, che nessuno si fidi di lui. E Vincent gli racconta la sua storia di figlio: ‘a me non importava niente che lui fosse un assassino, a me mancava lui, le sue carezze, i suoi abbracci, la sua presenza. Non sono riuscito a perdonargli di avermi abbandonato.’ E chiede al figlio di vivere e dargli la possibilità di perdonarlo. Joey crolla a terra, il padre lo abbraccia e lo consegna alla polizia. Il film si chiude con Vincent e Angelo sulla stessa spiaggia in cui andava con Joey a guardare gli aeroplani e mentre promette al piccolo che appena il papà sarebbe tornato, tutti e tre sarebbero andati in Florida insieme, il film si chiude.

Colpevole d’omicidio, un film uscito nelle sale italiane nel 2003, è basato su di una storia realmente accaduta. Questo film ci permette di vedere dipanarsi e risolversi una storia di abbandoni e incomprensioni lungo quattro generazioni. Ci mostra con grande lucidità e profondità, l’importanza di dare sempre voce al proprio dolore. Il film mostra come la negazione della sofferenza non sia una soluzione, ma anzi porti una ricaduta pesante sulle generazioni successive, una dopo l’altra, fino al momento in cui, con molto coraggio, si affronta a viso alto l’origine del dolore. Vincent aiuta il nipote a non ‘perdere suo padre’, a costruire un’immagine interna del padre amorevole e presente e aiuta il figlio, sostenendolo e incoraggiandolo e così aiuta se stesso a perdonare il padre. Un film in cui le tematiche dell’abbandono sono illustrate magistralmente e come l’amore e la fiducia reciproca tra padre e figlio, tra genitori e figli sia la medicina più risolutiva, anche per i dolori più grandi. Un film da vedere e su cui riflettere.