Il termine mobbing, usato e abusato (proprio come “stress”), è mutuato dall’etologia: il verbo inglese “to mob” è stato utilizzato da Konrad Lorenz per indicare il comportamento di alcuni animali, quando si coalizzano fra loro per escluderne uno indesiderato dal gruppo. In psicologia del lavoro ha valenza metaforica e rappresenta la coalizione di un gruppo verso un singolo orientata ad isolarlo e ad escluderlo. Possono essere i colleghi a “mobbizzare” la vittima o un superiore. In ogni caso, l’ambiente lavorativo diventa talmente ostile ed espulsivo, che alla persona non rimane altro da fare che rassegnare le dimissioni, arrivando a volte a sviluppare patologie psichiatriche (ossessioni, depressione) o psicosomatiche molto gravi; ci sono purtroppo anche casi di suicidio.
La gamma delle vessazioni tipiche del mobbing è molto ampia e così il grado della loro gravità: si va dall’assegnazione di incarichi inadatti, umilianti, poco gratificanti, ai continui rimproveri, all’isolamento, agli attacchi nella sfera personale, ottenuti con calunnie e pettegolezzi, alle richieste cui è impossibile far fronte, all’assegnazione di compiti pericolosi, alle minacce esplicite.
Perché accade questa persecuzione nei confronti di un collega o di un dipendente? Spesso vi è un conflitto irrisolto che si deteriora fino a diventare irreversibile; a volte invece il mobbing può costituire una strategia per eliminare i dipendenti quando non si può ricorrere al licenziamento; oppure può essere la conseguenza di cambiamenti nei vertici aziendali, con accorpamenti o ristrutturazioni.
Come fare per difendersi da soprusi di questo genere? Sicuramente molto si sta facendo a livello legislativo per difendere i lavoratori e per creare nelle aziende l’ambiente adatto per far sì che il fenomeno non si sviluppi.
A livello personale, è importante riconoscere subito il problema, non lasciare che si inneschi una spirale dalla quale poi è molto più difficile uscire, riuscendo ad individuare le persone con cui è possibile parlarne in azienda.
Da molte ricerche è emerso come le persone che subiscono il mobbing facciano spesso fatica a parlarne in famiglia, pensando che le loro siano solo fantasie. Riuscire invece a trovare un appoggio da parte delle persone più vicine permette alle vittime di vedere con maggior lucidità quello che accade e a trovare strategie per farvi fronte, prima che sia troppo tardi. E’ stato infatti dimostrato che le persone che subiscono a lungo le vessazioni del mobbing, perdono la capacità di effettuare un corretto esame di realtà e di trovare valide soluzioni ai problemi. Si innesca in tal modo un circolo vizioso, per cui si finisce col diventare realmente incapaci sul lavoro, fornendo ulteriori pretesti per le accuse. Cercare di lasciare il lavoro e i problemi ad esso relativi fuori dalla porta di casa è la tentazione di molti; strategia del tutto inefficace nel momento in cui le preoccupazioni sono talmente pressanti da “leggersi in faccia” e da trasformarsi in nervosismo che comunque coinvolge i membri della famiglia. Esplicitare la vera fonte del proprio malessere, di qualunque grado esso sia, aiuta i propri familiari a comprendere meglio e ad avere elementi per poter dare un aiuto: il partner, i genitori, non si preoccupano di meno vedendo il proprio coniuge o figlio silenzioso e cupo, tutto immerso nei suoi problemi, ma altrettanto sfuggente nel parlarne.

Per approfondire l'argomento, puoi consultare l'articolo di Donatella D'addante Il fenomeno del Mobbing