Nucleo centrale del problema è la distinzione analitica dei termini psichicità, intesa questa come flusso di vissuti, materialità e corporeità, quest’ultima concepita come ente ibrido fra la psichicità e la materialità.
L’intuizione originariamente intesa ci dice che esistono cose allo stato meramente materiale e cose intrecciate ad uno strato particolare dell’essere – appunto lo psichico – che in certi casi può capitare di intrecciarsi col materiale. La dimensione dello psichico è costituita dal flusso di vissuti, privi sia di un inizio che di una fine, nati mediante l’introspezione. Il flusso di vissuti possiede un accesso esclusivamente privato ad essi, legittimando il fatto che questi siano propriamente “vissuti” in prima persona – ossia, da un Io Soggetto senziente. Fra strato psichico-corporeo vi è una connessione essenziale (non empirica), simile al rapporto sussistente fra colore ed estensione, dalla quale deriva la fondazione di corpo vivo. Fra strato corporeo-materiale il legame di fondazione che inibisce la datità di uno stato psichico vale solo in termini di corporeità, svincolando la dimensione psichica da quella materiale anche se non dalla dimensione corporea; perché possa darsi in maniera oggettuale, lo psichico deve sussistere in funzione di uno schema corporeo che non per forza necessita di materialità.

L’analisi husserliana dell’amalgama “mente-corpo” viene estesa ad un campo non più strettamente spirituale nel tentativo di reintrodurre la corporeità nella descrizione fenomenologica della soggettività, concepita quale unificazione delle datità che si offrono originariamente allo psichico. Ogni riduzione fenomenologica deve riconoscere quella datità originaria e fondante che la fenomenologia vuole descrivere. Per poter ridurre qualcosa occorre riconoscere che “qualcosa è dato”: ciò che si dà in modo originario è uno stato psichico costituito dal flusso di vissuti, in grado di salvaguardare sia l’elemento immanente sia quello trascendente dell’oggetto mediante l’epochè fenomenologica che non nega l’oggettualità. Il flusso di vissuti è caratterizzato da un’atemporalità immanente, tale per cui il vissuto è sempre articolato in un vissuto-presente in aspettativa di un vissuto-futuro, determinando con ciò l’impossibilità di vivere sia il proprio inizio che la propria fine. Per potersi dare, il flusso di vissuti deve necessariamente espandersi in un corpo, altrimenti sarebbe ineffabile. L’approdo a tale risultato segna il definitivo distacco dalla base cartesiana da cui l’analisi husserliana aveva preso le mosse.
Elementi del vissuto sono l’elemento psichico e l’elemento corporeo, che si diffondono in esso nonostante siano fra loro distinti. La corporeità può essere intesa sia come “materialità inanimata” sia come “materialità animata”, applicabile a quegli oggetti dotati di vita. L’oggetto inanimato può essere inteso come mera materialità o come schema corporeo, data la sua possibilità di manifestarsi nell’estensionalità della cosa incorporea.

Nonostante la propria natura di essere etereo ed invisibile, anche lo Spettro sarà dotato di un flusso di vissuti il quale a sua volta, per potersi dare, necessiterà di un corpo nel quale esercitarsi. Si evince quindi che si deve dare necessariamente una realtà apparente perché un flusso di vissuti possa diffondersi. Il flusso di vissuti è un a priori materiale, nel senso della relazione fra i generi e non quella fra i particolari, sul quale si fonda il concetto generale di “schema corporeo”. La legale connessione dello schema corporeo col flusso di vissuti è rappresentato dal corpo vivo, quale sintesi ideale fra i due elementi; questo legame è essenziale, altrimenti l’elemento psichico sarebbe ineffabile.
L’analisi husserliana individua qualità emergenti che possono essere raggruppate in una unificazione dei vissuti, che vede l’Io come polo di riferimento a cui tutti i vissuti possono richiamarsi. Ciò prevede l’eventuale esistenza di un Io puro che convoglia i vissuti in quel determinato flusso di vissuti. L’Io puro rimane tale anche se spogliato dalle caratteristiche tipiche dell’Io naturale, in quanto esso si offre come unità. L’Io puro deve essere ammesso senza che sia necessariamente dato. Il flusso di coscienza non è sempre chiaro e luminoso, poiché, così come si presta alla descrizione, esso ha in sé elementi attenzionali o attuali, intesi come coscienza desta, i quali si trovano immersi a loro volta all’interno di una coscienza inattuale, o di sfondo, a cui non è volta l’attenzione. La coscienza è sempre un Io-puro, sia essa desta o inattuale. L’oggetto che si dà in infiniti modi rimane sempre lo stesso in virtù della sintesi dell’apparenza. Una sintesi è sempre necessaria al flusso dei vissuti, quale polo a cui tutti i vissuti rimandano al loro aspetto essenziale. Si parla dunque di essenza della psiche, connessa al corpo materiale, in quanto oggetto della ricerca naturalistica. L’oggetto proprio della psichicità va attinto dall’esperienza, che non necessariamente deve essere attuale in maniera diretta. La psichicità ci è data nella sua connessione con la materialità, dato che il flusso di vissuti (o flusso di coscienza) – per il quale si intende l’insieme di percezioni, sensazioni, ricordi, sentimenti – non viene dato all’esperienza personale come un insieme di meri annessi ai corpi materiali; i vissuti, o Erlebnisse, sono legati in virtù della loro stessa essenza, fluiscono l’uno nell’altro intrecciandosi tra loro.

Per Io, in questo contesto, si intende il concetto di Io quotidiano dotato di un particolare contenuto intrinseco. Ogni uomo nell’auto-percezione del proprio Io coglie sé stesso, tale per cui ciascuno, riferendosi a sé stesso in prima persona, si riferisce ai propri stati e ai propri atti. Il termine Io comprende in sé il concetto interno di “uomo”, intendendolo come essere dotato di anima e corpo: Io non sono il mio corpo ma ho il mio corpo, così come Io non sono la mia anima ma ho la mia anima. La psichicità ha il vantaggio di determinare essenzialmente il concetto di Io, nel senso che se la psiche viene meno non rimane altro che la mera materia inanimata, anche se tuttavia nemmeno il proprio corpo può venir meno. Da ciò si evince che il corpo proprio materiale e la psiche vanno necessariamente congiunte nell’idea di uomo, inteso appunto come soggetto psichico e fisico. Un soggetto psichico, anche se è pensabile come privo di un corpo materiale in senso stretto, non è pensabile in nessun caso some privo di un corpo proprio in generale. Perché l’essere psichico possa avere un’esistenza obbiettiva, devono esistere le condizioni della possibilità di una datità intersoggettiva pensabile attraverso l’entropatia, la quale presuppone a sua volta un corpo proprio esperibile in modo intersoggettivo. Il corpo proprio non è dunque soltanto una cosa, ma è espressione dello spirito e contemporaneamente è anche il suo organo proprio. Dall’attuazione di un’auto-percezione che astragga dal corpo proprio, l’“Io uomo” trova sé stesso quale Io spirituale in riferimento al flusso di coscienza: l’Io percepisce, pensa ed immagina in un certo modo, trovando sé stesso come soggetto dei propri stati e dei propri atti. L’Io coglie sé stesso in quanto “Io puro”, ossia come ciò che puramente nella percezione è diretto verso il percepito. L’“Io puro” è in relazione con le cose del mondo in modi differenti a seconda del tipo di atto che compie, determinandosi in virtù della propria volontà in quanto soggetto di libera volizione. L’Io puro non può mai scomparire del tutto, bensì continua ad essere lo stesso nei propri atti e nei propri stati in maniera diversa: se i suoi atti sono attuali si manifesta in questi, mentre se essi sono inattuali o di sfondo non vi si manifesta, in quanto l’Io non rivolge uno sguardo attuale laddove si trova qualcosa che esso non esperisce attualmente. L’essenza dell’Io puro implica necessariamente la possibilità di coglierlo così come è in sé stesso e come in sé agisce, senza che esso debba rendersi oggetto di sé stesso. L’Io puro è identità di un tempo immanente, nel corso del quale Io ero e sono ad agire in un modo o in un altro atto di coscienza. Il soggetto quindi non si genera né tantomeno trapassa, poiché esso semplicemente compie l’azione e smette l’azione, ossia appare e scompare. L’Io puro è unico dal punto di vista del suo flusso di coscienza, per cui a ciascuno corrisponde necessariamente un Io reale: esistono tanti Io puri quanti sono gli Io reali, costituiti questi ultimi attraverso flussi di coscienza.

Il corpo in “carne ed ossa”: In senso stretto, la sensibilità indica il residuo fenomenologico di ciò che nella percezione viene colto mediante i sensi. In senso più ampio, la sensibilità comprende anche sentimenti ed impulsi sensibili; data l’impossibilità di utilizzare i termini coscienza e momenti di coscienza in simili costruzioni, viene introdotto il concetto di “noesi” che costituisce la specificità del nous, ossia il conferimento di senso, che in tutte le sue attuali forme di vita riconduce a cogitationes, cioè a vissuti intenzionali. La corrente dell’essere fenomenologico ha quindi uno strato materiale ed uno strato noetico, in cui per sostanzialità si intende la realtà in generale. La reale unità che viene costruita gradualmente non raggiunge mai il suo grado ultimo, ossia non si costituisce mai realmente la cosa materiale obbiettiva: quella che viene descritta è la cosa costituita mediante la molteplicità degli oggetti dei sensi, nei loro diversi gradi, di un Io esperiente, ossia della cosa come la intende il singolo soggetto. La costituzione della cosa materiale dipende quindi dalla conformazione propria che appartiene ad ogni singolo individuo, cioè dal corpo proprio. Il “corpo vivo” è l’organo della percezione, mediante il quale è possibile partecipare alla percezione che si dà come latore costante del centro di orientazione del qui ed ora in base ai quali l’Io intuisce l’intero mondo sensibile. Il corpo vivo assume particolare importanza per la costituzione del mondo cosale in quanto le sensazioni di percezione costituiscono le caratteristiche corrispondenti della cosa-oggetto. Questo sistema che lega le cose sensoriali agli eventi soggettivi è la base dell’appercezione, che successivamente diventa una condizionalità psicofisica tra il corpo vivo ed i suoi intrecci causali nella natura extrasomatica e nei processi cognitivi. La costituzione normale rappresenta la prima realtà del mondo e del corpo vivo, di una realtà cioè costituita in modo tale che alterazioni appercettive si costituiscano come tali, in quanto intervento di circostanze anomale dell’esperienza. La cosa-oggetto è una sola ed è sé medesima, dotata di proprietà che vengono colte alcune mediante la vista ed altre mediante il tatto. In quanto cosa tra le cose, il corpo vivo ammette infinite causalità che, in generale, si relazionano alle cose dotate di una certa struttura fisica. Il mondo che sta di fronte al soggetto dipende dal corpo vivo e dalla peculiarità della psiche, relazionandosi all’intero soggetto psicofisico.

Ogni cosa dell’esperienza propria fa parte del proprio ambiente circostante, compreso il proprio corpo vivo. Il “cogito” è un atto al quale appartiene l’esser coscienza di qualcosa: tutti i vissuti dotati di questa proprietà sono detti vissuti intenzionali, in quanto essi sono intenzionalmente rivolti a questo qualcosa. In un’accezione più ampia del termine, con vissuti vengono intesi non solo quelli intenzionali, ma un momento qualunque che sia reperibile nel suo flusso di coscienza. Una volta chiarito il sistema mediante il quale il corpo vivo partecipa al mondo esterno, per mezzo delle sensazioni che da quest’ultimo gli giungono, occorre capire in quale rapporto si trovino coscienza e realtà naturale: possiamo dire che la coscienza individuale si intreccia al mondo naturale in maniera duplice, ossia come coscienza di qualche uomo e come coscienza di questo mondo. La vita naturale del proprio Io è un costante e perpetuo percepire, sia esso attuale o inattuale, per cui ognuno vede ed afferra la cosa-oggetto nella sua presenza in “carne ed ossa”. Percezione e cosa percepita si riferiscono per essenza stessa l’una all’altra, senza mai formare un’effettiva unità proprio in virtù di questa medesima essenza. In sintesi, la cosa percepita può sussistere anche se non è percepita ed anche se non è potenzialmente data alla coscienza, ma la percezione è ciò che essa è, ciò che si dà nel costante flusso di coscienza, essendo essa stessa un’incessante flusso di coscienza.

Da una parte si ha dunque un’idea di schema corporeo, che dipende dal modo in cui si considerano gli oggetti nella loro fenomenicità legati da connessioni per dar luogo ad oggetti indipendenti; mentre dall’altra si trova la nozione filosofica di corpo come carne, che comporta una caratterizzazione diversa della soggettività, non più in un rapporto di fondazione tra psichico e schema corporeo, o fantasma sensibile. La “carnalità” intesa come spessore della cosa non necessita di una caratterizzazione in termini di trascendenza, bensì intende una nozione di soggettività carnale (se arricchita) o di soggettività corporea (se impoverita). L’intenzionalità, da sola, non è sufficiente a render conto dei rapporti fra psichico e corpo: sia perché l’essere intenzionalmente diretto a qualcosa rende lo psichico incapace di cogliere tutto, sia perché le cose hanno un rimbalzo verso l’intenzionalità psichica; la nozione di carnalità segna la rottura del concetto di corpo come schema, intendendo la descrizione di corpo come carne nel suo spessore. L’analisi fenomenologica di corpo vivo non è una trattazione descrittiva, poiché in sostituzione della dimensione visiva entra in gioco la dimensione del tattile, intesa quale rapporto osmotico dell’essere al mondo e di entrata in contatto con esso, e nel quale il corpo vivo è inteso come organo senziente. Nella “tatticità” il corpo vivo risulta non essere affatto un ente intenzionale, cioè un ritagliarsi del fenomeno sullo sfondo, poiché nel tatto la discriminazione avviene tra fenomeno e sfondo: la coscienza è al mondo e nel mondo, e il corpo vivo è un campo di localizzazione delle sensazioni. Il campo di localizzazione delle sensazioni prende le distanze dall’intenzionalità, data già la presenza in esso dell’Io puro che, a sua volta, non risulta più essere una derivazione analitica derivante dalla sintesi delle sue parti, ma appunto contenuta nel campo di localizzazione delle sensazioni del corpo vivo. Le proprietà della cosa si fanno avanti mediante il tatto. Il flusso si apre al mondo ed il mondo a sua volta si apre al flusso in quanto fenomeno toccato.


Immagine tratta da: lgxserver.uniba.it