L'inconscio, sia nell'uomo che nella donna, racchiude un'inesauribile fonte di creatività, da coltivare nella risoluzione dei conflitti intrapsichici e nella valorizzazzione delle immagini, delle idee, del pensiero nella loro complessità. La dinamica processuale che sommuove e coinvolge intime profondità della personalità è la creatività di cui si denotano la funzione e la presenza, ma che rimane per una notevole parte fuori dalla conoscenza e consapevolezza del soggetto. La creatività si coagula e si trasforma in cambiamento, nella metamorfosi delle espressioni artistiche, quali preziose potenzialità, spesso trascurate, a cui rivolge il proprio interesse il pluriverso delle relazioni d’aiuto, nella complessità di quella sfera professionale che fonda la propria attività in relazioni complementari da una persona ad un’altra. La creatività è l’ultimo barlume della personalità sopravvissuta al disagio, alla devianza, all’insensato giovanile, una scintilla sovente sopita da risvegliare e coltivare, sia nella dimensione terapeutica, sia nello sviluppo di ogni essere umano, nell’approfondimento, nella riflessione sulla propria vita e infine persino di accompagnamento alla morte.

La psicoanalisi è apparsa nel 1900 con Freud e per questo si è creata la distanza necessaria per considerarla in una prospettiva storica. Il movimento psicanalista non è unitario, tuttavia presenta uno stile cognitivo analogo a tutti i protagonisti: la capacità di dubitare delle certezze, di abbandonare la sicurezza del noto per l'ignoto, di tentare l'impossibile. Questo atteggiamento non riguarda solo l'oggetto della conoscenza, ma soprattutto il rapporto del ricercatore con se stesso. La psicoanalisi intacca ogni residua certezza. E’ la riprova della debolezza e, al contempo, della forza della razionalità occidentale, testimoniando il fallimento del sapere scientifico, nella sua pretesa di conoscere, possedere e dominare la realtà, rendendo modificabile quello che prima sembrava dominato dal caos, con la scoperta delle sue leggi regolative. Freud non intende fare della psicoanalisi una Weltanshauung, ma produrre un punto prospettico dal quale nessun sapere possa prescindere. È stato necessario mutare il rapporto che il medico intrattiene con la malattia. Oggetto d'indagine della psicoanalisi classica è l'organo sofferente o la funzione distorta e la finalità ultima consiste nell'intelligibilità del sintomo inteso come connessione necessaria e costante tra causa organica ed effetto patologico. Questo nesso, catalogato come sindrome, viene inserito nell'archivio complessivo della tassonomia, ramo delle scienze biologiche preposto alla classificazione e alla nomenclatura degli organismi viventi e fossili, dove trova significato e valore. Freud tenta di inserirsi nella psichiatria istituzionale, ma non vi riesce anche perché rimane troppo coinvolto dal fascino dell'altro. La psichiatria si difende frapponendo fra sé e l'altro la barriera del sapere, della tecnica, facendosi puro strumento che indaga l'altro senza riconoscerlo, considerandolo cosa tra cose. Invece, il medico che si dispone all'ascolto si rende passivo, si lascia invadere dal discorso del malato che parla. Nel momento in cui non è più la parte malata che pone un problema, ma il soggetto che attraverso di essa si manifesta, la psicoanalisi si stacca dalla medicina, scienza del corpo, per farsi scienza dell'uomo. Nel vuoto rimangono pratiche non riconosciute dalla scienza ufficiale, come il mesmerismo e l’ipnosi, in cui permane un insieme di pensieri e affetti, in una confusione tra il corporeo e lo psichico.

Il centro della ricerca di Freud fu l'inconscio, trasgredendo ai divieti disciplinari delle conoscenze istituzionali, organizzando un nuovo campo di saperi. Nella sua impresa conserva, della medicina, i privilegi attribuiti alla patologia, come possibilità di cogliere in forma evidente il funzionamento normale, e alla terapia, intesa come campo sperimentale dal quale trarre gli interrogativi e nel quale verificare le ipotesi esplicative. Freud cercherà per quanto possibile di non scindere la teoria dalla prassi, la metapsicologia dalla clinica. La psicoanalisi nasce come terapia dell'isteria e dal rapporto con le isteriche Freud deriva la convinzione su cui si fonda tutta la sua ricerca: tutto l'agire umano, anche il meno intenzionale, è dotato di senso. Il senso non riguarda l'atto in sé, ma un significato nascosto che va ricercato con opportune strategie. Ogni manifestazione umana può essere letta come discorso manifesto che rimanda ad un discorso latente che ne detiene il senso. Ma non si tratta solo di scoprire una verità latente, ma di costruire un senso storico attraverso il lavoro analitico di composizione e ricomposizione dell’evidente. La psicoanalisi, secondo Freud, è un lavoro nel corso del quale emerge l'esperienza dell'inconscio. L'inconscio non è una cosa, non è una zona dell'apparato psichico, ma un'esperienza concreta ed una necessità logica. Solo ammettendo l'esperienza dell'inconscio possiamo capire brandelli di esperienza che altrimenti rimarrebbero privi di soggettività e di significato. Solo l'inconscio ci permette di riordinare, di razionalizzare l'irrazionale e di perseguire una ricomposizione del mondo. L'inconscio in sè rimane inconoscibile e solo attraverso i suoi derivati (sogno, sintomo, lapsus, motto di spirito, gioco) possiamo risalire alle sorgenti valoriali e a quel desiderio che anima la nostra vita. La psicoanalisi quindi risulta una scienza delle tracce, resa possibile dal principio del determinismo inconscio, che collega tutti i nostri atti in una ferrea catena associativa. L'inconscio non è il latente o il remoto, ma attualità ed efficacia. La psicoanalisi si propone un compito infinito ed i risultati che consegue possono essere trasmessi in vari modi, attraverso un'esperienza di analisi in cui l'allievo-analista apprendere un “saper fare” facendo, secondo le modalità di apprendistato di un'arte. Questa possibilità interagendo produce il doppio binario della storia della psicoanalisi. Contemporaneamente storia di un'istituzione, movimento psicanalitico, e di una scienza seppur a statuto particolare.

La psicoanalisi contribuisce a formare un'antropologia e quindi occorrerà stabilire le condizioni di possibilità, i limiti di competenza, le esigenze metodologiche, comportate dall'estensione di un sapere scientifico.
Per presentare in modo univoco la psicoanalisi, Freud nella voce composta nel 1922 per il Dizionario di sessuologia, ne articola la definizione in questi distinti livelli. psicoanalisi è il nome di un procedimento per l'indagine di processi psichici a cui altrimenti sarebbe impossibile accedere. Un metodo terapeutico basato su tale indagine per il trattamento dei disturbi nevrotici. Una serie di conoscenze psicologiche così acquisite che si assommano convergendo in una nuova disciplina scientifica. Pur essendo molto generica e quindi insufficiente, questa definizione mette in luce come la psicoanalisi vada intesa in riferimento costante alla sua pratica. La nuova disciplina scientifica si delinea infatti dal confronto dinamico delle ipotesi teoriche con la terapia che ne costituisce il campo sperimentale.

Un altro cardine epistemologico mette in luce come la psicoanalisi sia destinata a trarre le sue domande dall'attività diagnostica e terapeutica e a cercare nella cura la convalida delle sue ipotesi teoriche. Dal rapporto terapeutico perverrà il costante interrogarsi sul senso e sul valore della scoperta freudiana che delimita una nuova ragione del sapere, organizza una nuova disciplina scientifica: un aspetto, quindi, di rottura nei confronti della tradizione scientifica precedente. Mentre i metodi e i concetti utilizzati non sono radicalmente nuovi. I metodi possiamo ritrovarli nella magia, nella confessione religiosa e più specificamente nella psichiatria e i concetti nel mito, nella tradizione filosofica, nella produzione artistica e, per certi aspetti, nella psicologia fisiologica.

Nuovo è il punto di vista unitario, l'inconscio, dal quale Freud organizza questi assunti in un metodo e in un insieme teorico coerenti. Nel 1918 in occasione dell'istituzione a Budapest della prima cattedra di psicologia, Freud si dimostra consapevole che la psicoanalisi offre un codice di lettura delle produzioni culturali e dimostra anche con Psicologia delle masse e analisi dell'io nel 1921 che conoscenze apprese nella terapia del sintomo individuale possono estendersi alle indagini delle formazioni sociali.
La psicoanalisi infatti non diviene un discorso onnipotente, ma provoca e suscita domande, fa dubitare di elementari certezze, attribuisce consapevolezza alla complessità del rapporto comunicativo dell’uomo con se stesso e col mondo, scorge le ombre dell’ignoto dove il pensiero classico vedeva uno stacco netto. Persino l'osservazione scientifica, considerata obiettiva e neutrale è attraversata da dinamiche affettive all'insaputa dello scienziato. Occorre che la conoscenza riconosca le zone d'ombra, le commistioni, le mescolanze che la ragione intrattiene con l'irrazionale. Per far questo il soggetto conoscente deve porsi dentro e fuori dal suo campo d'indagine e solo con questo obiettivo la psicoanalisi raggiunge lo scopo da Freud assegnatole.

L'ingresso della psicoanalisi nel mondo della cultura produce un cambiamento del rapporto tra l'esplicito e l'implicito che sovverte il sistema di equilibri dell'antropologia classica, studiando i tipi e gli aspetti umani soprattutto dal punto di vista morfologico, fisiologico, psicologico. Vengono meno l'immagine di mondo e la figura di uomo costruiti intorno alla solidità del cogito cartesiano, nella certezza prima e indubitabile che l'individuo, in quanto soggetto pensante, ha della propria esistenza. Freud comprende la funzione epistemologica, fondata sullo studio critico dei limiti della scienza, della psicoanalisi nei confronti della storia del pensiero scientifico. Risulta possibile formulare un discorso clinico sul nostro sapere proprio considerando come oggetto anche il soggetto conoscente, analizzando la storia della scienza, non come teoria delle cose, ma come relazione dell'uomo col mondo.

I modelli teorici che organizzano visioni del mondo mutano il nostro modo di pensare, di pensarci. La psicoanalisi è riuscita a configurare la cultura classica come una formazione difensiva, di fronte al terrore del nulla, della morte, per cui la scienza però nel suo procedere ha minato il sistema di certezze, provocando vere e proprie ferite al fantasma ideale che l'uomo si era costruito di se stesso, ossia ferite narcisistiche.