Che cosa accomuna un’adolescente che si riduce ostinatamente al digiuno e un giovane che rischia la vita sfrecciando con l’automobile ad altissima velocità? O ancora un gruppo di amici che si diverte a compiere atti vandalici o che abusa di sostanze psicoattive come alcool o altre droghe?
Tutte queste condotte, apparentemente molto diverse tra loro, sono definite comportamenti adolescenziali a rischio, in quanto hanno la caratteristica comune di poter compromettere nell’immediato o a lungo termine il benessere fisico, psicologico e sociale dell’individuo.

Aldilà della specifica forma con cui si esprimono, questi comportamenti rimandano a problematiche comuni dell’adolescenza: non devono essere intese come azioni prive di senso o la conseguenza di cieca imitazione o il frutto di un’insufficiente conoscenza del pericolo, ma rappresentano delle modalità dotate di senso utilizzate da numerosi adolescenti, in uno specifico momento della loro vita e in un particolare contesto, per raggiungere scopi personali e sociali significativi per lo sviluppo individuale.

Come ben noto, l’adolescenza rappresenta un momento della vita potenzialmente critico per l’individuo: la graduale emancipazione dai genitori e la ricerca di nuovi modelli è un processo che genera facilmente inquietudine emotiva e disorientamento perché determina la perdita di quei riferimenti stabili su cui il soggetto si è sostenuto durante tutta l’infanzia e la necessità di impegnarsi a costruire un personale progetto di vita. La sofferenza dell’adolescente può assumere forme e direzioni diverse, a seconda delle caratteristiche della sua personalità e dalla possibilità di fruire di un supporto adeguato da parte del proprio ambiente di appartenenza. Una modalità attraverso cui il giovane può esprimere il disagio è proprio lo sviluppo di un comportamento deviante o sintomatico, il quale assume la funzione di comunicare la sofferenza, il senso di disorientamento o il bisogno di modificare una situazione interiore.

Ecco allora che la sperimentazione, fino all’abuso, di alcool e droghe può rispondere al bisogno, tipicamente adolescenziale di affermazione e sperimentazione di sé (nuovi stati di coscienza, sensazioni fisiche ed emozioni prima sconosciute).
Allo stesso modo, il digiuno cui si sottopone l’adolescente anoressica rappresenta il tentativo estremo di dare forza e autonomia ad un’identità fragile e precaria, attraverso il controllo estremo dell’immagine corporea
E ancora, i comportamenti socialmente devianti, come il vandalismo e le condotte delinquenziali, o ancora la guida pericolosa, assolvono il bisogno di trasgressione e di superamento dei limiti, ed esprimono l’impulso di andare contro le regole e le leggi del mondo adulto. Parallelamente, l’adozione di molti di questi comportamenti in un contesto di gruppo testimonia l’esigenza del giovane di accrescere il riconoscimento di sé, la reputazione e la popolarità all’interno del gruppo dei pari. A questo proposito, spesso l’assunzione di un comportamento a rischio da parte di un adolescente è interpretato come il risultato di un influenzamento sociale del gruppo dei pari e come passiva imitazione; si tratta di un’interpretazione riduttiva, dal momento che gli adolescenti operano un’attiva selezione dei loro coetanei e ricercano gruppi in cui agire con sintonia per rafforzare la propria identità.

È importante ribadire che raramente gli adolescenti che mettono in atto una condotta pericolosa sono ignari dei rischi a cui si espongono, ma la conoscenza non costituisce un deterrente sufficiente, dal momento che essi permettono di svolgere molte funzioni strettamente associate ai compiti evolutivi fondamentali dell’adolescenza. La sola conoscenza degli effetti negativi di un comportamento non è sufficiente per indurre le persone ad abbandonarlo o evitarlo: infatti l’assunzione di un comportamento non è il semplice risultato di un ragionamento cognitivo, ma comprende molti aspetti emotivi, affettivi e sociali che incorrono a motivare l’azione.

L’intervento educativo richiede un’azione preventiva centrata sulle funzioni, attenta al significato e ai vantaggi che gli adolescenti traggono dai comportamenti a rischio. Occorre lavorare affinché il giovane ottenga gli stessi obiettivi di sviluppo senza mettere in pericolo la propria salute e benessere e favorire il ricorso ad altri comportamenti che possono svolgere le stesse funzioni positive. Nell’analisi di un comportamento occorre distinguere i fattori di rischio che ne aumentano il coinvolgimento e ne stabilizzano la condotta e i fattori di protezione che possono limitarne la gravità e la cronicità e scoraggiarne l’adozione. L’intervento educativo dovrebbe innanzitutto offrire al giovane occasioni di informazione e riflessione che consentano di acquisire la consapevolezza sul significato del proprio comportamento e di attivarsi con nuove strategie per raggiungere gli stessi scopi in modo salutare. È importante parallelamente la valorizzazione e la promozione delle cosiddette life skills, ossia tutte quelle competenze vitali, quali la comunicazione efficace, l’empatia, il pensiero critico, la gestione delle emozioni e delle situazioni di stress, che rendono il soggetto capace di affrontare le sfide evolutive.

Testi di riferimento
Bonino S., Cattelino E., Ciairano S. (2007), Adolescenti e rischio. Comportamenti, funzioni e fattori di protezione; Giunti Editore, Firenze
Bonino S. (2004), Il fascino del rischio negli adolescenti, Giunti Editori, Firenze
Bastone A. (2009), La relazione educativa nella cura dei disturbi alimentari. Il ruolo di genitori, insegnanti,educatori e massmedia, Edizioni La Rondine, Catanzaro