Da uno studio promosso dall’Università Internazionale del Texas, che ha coinvolto 237 teenager ispaniche, si evince che la televisione, il cinema e i mass media dovrebbero essere assolti dall’accusa di promuovere comportamenti anoressici, instillando nelle giovani menti delle ragazze il desiderio di un corpo perfetto, magro e bello. O meglio, la maggior pressione sociale in tal senso non deriverebbe principalmente dal confronto con lo schermo ma piuttosto con le coetanee.

I ricercatori hanno chiesto alle ragazze partecipanti allo studio di elencare i tre programmi televisivi preferiti. Hanno valutato poi il livello di attrattività delle attrici femminili in questi programmi. Quindi alle ragazze è stato chiesto di esprimere un giudizio sul proprio aspetto fisico e sulla qualità della propria vita; contemporaneamente sono state valutate le loro misure (peso e altezza), il loro grado di aderenza ai social network, il grado di influenzabilità da parte dei coetanei, e l’eventuale presenza di sintomi alimentari. Tali misurazioni sono state ripetute anche a distanza di tempo.

I risultati dell’esperimento suggeriscono che l’influenza maggiore sui comportamenti alimentari scorretti sarebbe determinata dal confronto e dalla competitività tra pari, più che non dall’esposizione a particolari programmi televisivi. E purtroppo, oggi le ragazze non si confrontano solo con le amiche “in carne ed ossa”: i social network (in particolare Facebook) possono diventare un mezzo pericoloso di confronto sociale, come dimostrato anche in altri studi; è importante poter monitorare il fenomeno non tanto per avere un capro espiatorio sul quale gettare le colpe di anoressia, bulimia e altri disturbi che colpiscono i teenager, quanto per comprendere come poter aiutare le ragazze a non entrare in un perverso meccanismo di confronto e di competizione.

L’adolescenza, oggi come ieri, porta con sé una grande dose di insicurezza personale: non so più chi sono, da dove vengo, dove sto andando… Poter contare sull’approvazione del gruppo dei pari è una consolazione che seppur magra, viene spesso vista dai ragazzi come unica ancora di salvezza nel mare tempestoso della solitudine, dell’impotenza, del senso di fallimento. Ma non è un’ancora cui poter fare affidamento a lungo: il coetaneo su cui mi appoggio per sentirmi più forte e risoluto è egli stesso fragile, anche se in apparenza più forte di me, e nel mare in tempesta, essere ancorati in mezzo al mare può non essere la soluzione migliore. Meglio approdare al porto sicuro di chi si è, con la propria storia, le proprie radici.

E’ che in questa burrasca si fa fatica a ritrovare la luce del faro rappresentata dai genitori: il rapporto con loro si fa incerto e faticoso, da quei supereroi che ci proteggevano da tutto quando eravamo piccoli alla svalutazione totale nei loro confronti il passo è molto più breve di quanto si pensi. E molto spesso sostenuto dai messaggi che arrivano dall’esterno: la famiglia ha solo ‘colpe’ e non virtù nel crescere i figli, meglio farne a meno. Il risultato però è quello che gli adolescenti non cerchino più le proprie qualità in sé stessi, ma si sforzino di assomigliare a qualcun altro in un’operazione che alla meglio lascia l’amaro in bocca, alla peggio conduce a comportamenti anche rischiosi pur di diventare “belli e perfetti” come la società ci vuole.


Per maggiori informazioni sulla ricerca: Live Science

Immagine tratta da: www.ternimagazine.it