La definizione di “perversioni soft” è stata coniata da Pasini (2000) nell’intento di operare una distinzione tra le pratiche esclusive e limitanti delle perversioni diagnosticate nel DSM-IV e quelle caratterizzate da maggior flessibilità. I presupposti teorici per questa nuova definizionesono rintracciabili già in alcune affermazioni di Freud (1905) il quale riteneva che la sessualità umana fosse naturalmente perversa e che in una certa misura la deviazione fosse insita nell’amore normale. A tal proposito Stoller (1975), nella sua amorale definizione di parafilia, precisò che un individuo è realmente perverso solo quando l’atto erotico è funzione dell’evitamento di una relazione intima con un’altra persona; viceversa esso non è giudicato tale, se funzionale all’economia di una legame in termini di benessere, ossia se favorisce l’instaurarsi di un rapporto intimo soddisfacente.
Il lavoro di Pasini (2000) si allaccia, dunque, idealmente alla teoria stolleriana, poiché pone al centro il tema della libertà. L’Autore, difatti, sostiene che una perversione dovrebbe essere definita tale, nel momento in cui riduce i “gradi di libertà” del soggetto; sottolinea, inoltre, che in perversioni quali il Masochismo o il Voyeurismo, i caratteri di fissità ed esclusività risulterebbero limitanti delle manifestazioni sessuali.

Viceversa, per tutti quei comportanti in cui non viene ridotta la possibilità di scelta, sarebbe più opportuno parlare di “perversioni soft”. Gli incontri di gruppo, lo scambio di coniugi, le pratiche omosessuali messe in atto solo per il gusto di provare, rientrerebbero quindi in questa categoria. Secondo Pasini, la loro origine sarebbe riconducibile alla rivoluzione sessuale occorsa intorno agli anni settanta; l’erotismo liberato da tutti i suoi tabù avrebbe permesso agli individui di slegare il sesso dai sentimenti e di agire comportamenti una volta solo fantasticati, attraverso modalità alternative a quelle abituali.
In un successivo lavoro Pasini (2002) analizza più in dettaglio le perversioni soft, facendo leva sul materiale clinico raccolto. L’Autore mostra le trasgressioni di adolescenti e giovani adulti nelle loro sfaccettature più “spinte”, alternando descrizioni in cui il sesso è vissuto in maniera giocosa, a considerazioni personali sul vissuto dei soggetti che le praticano. Racconta ad esempio, di una giovane donna divorziata, la cui fantasia dominante, per un brevissimo lasso di tempo della sua vita, fu quella di praticare sesso con un’altra donna; fantasia concretizzata con un’amica e vissuta come un’esperienza giocosa. Un’altra paziente dopo la fine di una lunga storia sentimentale approfitta della nuova condizione di single per concedersi a numerosi rapporti sessuali nell’arco di tre mesi, durante i quali “vuole esercitare il suo orgasmo”, mostrando quella che l’Autore chiama “visione ginnica” della sessualità. In un altro esempio ancora viene descritta la trasgressione di un’adolescente non ancora maggiorenne; la pratica sessuale è quella di avere, in maniera saltuaria, rapporti con più ragazzi consecutivamente nell’arco di una stessa serata, occasione che si rende possibile durante alcune feste a cui partecipa. Secondo Pasini (2002), benché questi comportamenti non rappresentino delle “deviazioni sessuali”, sono in realtà espressioni di una carenza nei modelli familiari degli adolescenti, che, quindi, seguirebbero quelli proposti dai massmedia.
Le sue considerazioni, prive di moralismi, puntano il dito sulla mancanza di un’educazione sessuale, compito riservato agli adulti.
L’Autore si sofferma anche sulla gestione nella coppia delle perversioni soft. Quando le fantasie trasgressive compaiono in uno dei partner, non sempre risulta facile la comprensione e la condivisione con l’altro. Talvolta esso rappresenta un momento di riflessione e rivalutazione dell’intero rapporto affettivo, in cui entrambi i partner mettono in gioco se stessi e la propria libertà sessuale. Può capitare che questa trasgressione sia accettata di buon grado da entrambi, mentre altre volte uno dei due si mostra più o meno accondiscendente per il bene della coppia; in numerosi altri casi invece essa rappresenta un momento di rottura insaldabile, poiché la libertà sessuale dell’uno, risulta limitante per l’altro .

La Catalli (2009), partendo dalle premesse teoriche di Stoller (1975) e Pasini (2000; 2002), ha costruito un questionario di sedici domande con i seguenti obiettivi: indagare sulla reale esistenza delle perversioni soft; individuare le fantasie ed i comportamenti sessuali messi in atto con più frequenza; comprendere se tali fantasie e comportamenti hanno interferito con l’area lavorativa e sociale, delineando il confine tra perversioni hard e soft; ed infine se tali fantasie o comportamenti siano risultati indesiderabili. Le variabili considerate sono l’età, il sesso, il titolo di studio, lo stato civile e l’orientamento sessuale; il campione della ricerca è composto da 100 soggetti per lo più donne, di giovane età, con un diploma di scuola media superiore, single ed eterosessuali. Data la natura del campione, non rappresentativo dell’intera popolazione, il lavoro tracciato è da intendersi come una ricerca-pilota e si configura come un punto di partenza e riflessione sulla possibilità di scoprire nuove “normalità” sessuali e nuove ipotesi diagnostiche per futuri studi sulla classificazione delle parafilie.
I risultati mostrano come la sessualità possa esprimersi aldilà del rapporto sentimentale; i soggetti preferiscono pratiche sado-masochistiche come strategie alternative al modo di vivere quotidiano la sessualità; esse sono praticate saltuariamente e spesso in compagnia del proprio partner, poiché spinti dalla curiosità . Tuttavia questi atti non possano essere considerati “perversioni hard”, poiché non interferiscono né dominano le aree funzionali della vita del campione e non sono fonte di preoccupazione, sebbene a volte il comportamento sessuale avuto crei rammarico. Se potessero scegliere, gli intervistati preferirebbero non avere un ruolo attivo predominante nella scena sessuale, né trovarsi nella situazione di dover scegliere il ruolo da giocare, preferendo rimanere in secondo piano . I risultati sembrano confermare l’ipotesi iniziale: tra i soggetti è molto diffusa la pratica, non patologica, di manifestazioni sessuali trasgressive che vengono attuate per mantenere e rivitalizzare la coppia, senza possedere quegli elementi caratteristici per i quali altrimenti si dovrebbe parlare di perversione vera e propria.


Bibliografia

Freud S., (1905), Tre saggi sulla teoria sessuale, in Opere, 4, Bollati
Boringhieri, Torino.
Pasini W., (2000), Postfazione, in Simonelli C., Petruccelli F., Vizzari V. (a cura di), Le perversioni sessuali, Franco Angeli, Milano.
Pasini W., (2002), I nuovi comportamenti amorosi, Mondadori, Milano.
Catalli L., (2009), La perversione che è in ognuno di noi, in www.mentesociale.it
Stoller R., (1975), Perversione: la forma erotica dell’odio, Feltrinelli,
Milano.

Approfondimento tratto dalla tesi Alcune considerazioni sulle perversioni femminili - di Michele Cappuccio