Diversi studi hanno mostrato che l’attività mentale dell’addormentamento si differenzia dagli altri stadi del sonno sia per caratteristiche quantitative che qualitative (Cicogna, Cavallero e Bosinelli, 1986, 1991; Battaglia, Cavallero e Cicogna, 1987; Natale e Battaglia, 1990-91). Questi risultati hanno suggerito che l’attività mentale in addormentamento possa esercitare una funzione adattiva nel passaggio da uno stato di coscienza ad un altro (veglia vs. sonno), garantendo continuità di esperienza del sé e del mondo attraverso una sorta di effetto di trascinamento della veglia precedente. Infatti, i resoconti dei sogni d’addormentamento sono più realistici, cioè meno implausibili e bizzarri, di quelli di altre condizioni del sonno; i resti diurni sono più numerosi che nei sogni REM; le fonti mnestiche dei sogni d’addormentamento derivano dal sistema della memoria episodica, cioè si riferiscono ad eventi specifici e personali (Cicogna e altri, 1991; Cicogna, 1994).
Un altro fattore importante nel determinare le caratteristiche dell’attività mentale in addormentamento è il lungo periodo di veglia che precede l’addormentamento stesso (Cicogna, Cavallero e Bosinelli, 1991).
Se la transizione dalla veglia al sonno può spiegare alcune peculiarità dell’attività mentale relativa al primo periodo di sonno, è ragionevole pensare che anche la transizione nella direzione opposta, dal sonno alla veglia, possa influenzare l’attività mentale relativa all’ultimo periodo di sonno. Anche i sogni prima del risveglio spontaneo potrebbero svolgere una funzione adattiva, preparando i soggetti alla veglia prossima. Visto che il risveglio è preceduto da un lungo periodo di sonno, è probabile che il contesto del sogno sia influenzato da materiale onirico precedente: in analogia con la condizione di addormentamento si potrebbe verificare una sorta di effetto di trascinamento del sonno precedente. D’altra parte, la preparazione alla veglia dovrebbe mostrarsi attraverso il riconnettersi nel sogno ad esperienze personali concrete, legate preferibilmente a periodi di tempo vicini (al giorno precedente e/o al giorno prossimo).
L’ipotesi di una preparazione alla veglia prossima da un punto di vista cognitivo è anche coerente con i dati fisiologici legati al risveglio.
La presente ricerca è un tentativo di confrontare le esperienze mentali nelle due fasi di transizione, veglia vs. sonno e sonno vs. veglia.
Le principali differenze tra l’addormentamento e il risveglio spontaneo al mattino sono due: 1) la collocazione temporale in cui si verificano, uno all’inizio (addormentamento) e uno alla fine (risveglio al mattino) del sonno; 2) il background fisiologico in cui si manifestano.
La collocazione temporale delle due fasi (inizio/fine del sonno) è stata in realtà considerata l’elemento assimilante, evidenziando il ruolo funzionale di fase di transizione tra il sonno e la veglia. Tuttavia, la diversa temporalizzazione delle due fasi determina un’evidente diversità: l’addormentamento è solitamente preceduto da un lungo periodo di veglia (circa 16 ore); il risveglio mattutino è solitamente preceduto da un lungo periodo di sonno (circa 8 ore).

La presente ricerca intendeva:
1) stabilire la proporzione degli stadi del sonno nel risveglio spontaneo al mattino e osservare se si trovano differenze stadio-dipendenti nei protocolli dei sogni;
2) paragonare le caratteristiche dell’attività mentale durante l’addormentamento e l’ultimo periodo di sonno.
È stato analizzato un campione di 144 sogni, forniti da 36 studenti universitari, buoni dormitori e buoni rievocatori dei sogni, di età compresa tra 19 e 26 anni.
Per ogni soggetto erano previste tre notti non consecutive (una di adattamento e due sperimentali) da trascorrere nel laboratorio del sonno sotto controllo elettropoligrafico standard (2 EEG, 2 EOG, 1 EMG).
In ogni notte sperimentale venivano raccolti, mediante intervista standard, due protocolli onirici, uno dopo risveglio provocato in stadio 2 d’addormentamento (tre minuti dopo i primi fusi del sonno) ed uno immediatamente dopo il risveglio spontaneo al mattino. Subito dopo il racconto del sogno, che veniva registrato, al soggetto veniva chiesto di valutare: 1) il testing di realtà durante l’esperienza onirica, ossia gli si chiedeva se aveva avuto l’impressione che l’esperienza provata si svolgesse completamente nella realtà, o se si trattasse di un prodotto della propria mente; 2) l’intensità delle emozioni provate (misurata su una scala di autovalutazione a sette punti), se ce n’erano.
Appena terminata la registrazione, al soggetto si faceva riascoltare il resoconto del sogno, suddiviso in brevi unità tematiche, cioè in unità dotate di significato compiuto esprimenti un concetto o un’azione caratterizzata da completezza. Il soggetto, precedentemente addestrato, era tenuto a fornire associazioni sull’origine mnestica di ogni breve segmento onirico (tecnica delle libere associazioni). Al termine il soggetto poteva riprendere sonno fino al mattino successivo quando, appena si rendeva conto di essere sveglio, doveva chiamare gli sperimentatori, mediante un pulsante posto vicino al letto, per raccontare il sogno immediatamente antecedente il risveglio e per produrre le associazioni corrispondenti.
I resoconti sono stati analizzati per struttura (lunghezza, continuità narrativa), contenuto (presenza di sé, setting, riferimenti al laboratorio, personaggi, distorsioni dimensionali, percezioni fisiche, bizzarria ed emozioni) e consapevolezza (testing di realtà).
Le associazioni sono state classificate come episodiche, autoriferite e semantiche.
Per quanto riguarda il background fisiologico, le differenze potrebbero essere determinate dallo stadio di sonno (ipotesi della stadio-dipendenza) in cui si verifica il risveglio. La maggior parte dei risvegli in condizioni normali si verifica in fase NREM, soprattutto in stadio 2, il medesimo in cui per definizione si stabilisce che il soggetto si è addormentato e in cui vengono pertanto provocati i risvegli per raccogliere i sogni di addormentamento.
La somiglianza principale tra le due condizioni di sonno riguarda una omogenea disponibilità delle fonti mnestiche implicate nella produzione del sogno. Questo risultato sembra specificamente legato alla natura di passaggio tra condizioni di vigilanza che i due momenti del sonno condividono, piuttosto che alla direzione di tale passaggio. In entrambe le situazioni, infatti, il legame con le esperienze concrete della vita vigile è importante e interviene nell’attivazione di contenuti prevalentemente episodici relativi ad eventi della vita quotidiana del sognatore.

Per concludere, sembra che i nostri dati confermino l’ipotesi del ruolo preparatorio e adattivo dell’attività mentale delle fasi di transizione tra veglia e sonno. Ciò che sembra influenzare le caratteristiche del sognare è soprattutto la direzione di tale transizione. Il costrutto del sogno risente della modalità di funzionamento della condizione di vigilanza precedente: più realistico il sogno d’addormentamento e più onirosimile quello del risveglio. Le fonti mnestiche implicate nella produzione onirica sono invece omologhe e fortemente connesse all’esperienza di veglia del sognatore, più di quanto avviene nei sogni durante la notte, confermando l’ipotesi della necessità adattiva di mantenere una connessione con l’esperienza personale durante l’addormentamento e di ripristinarla durante l’ultimo sogno del mattino.


Immagine tratta da: www.salutefitness.it