La ripresa del dibattito (dal 2006 ad oggi) a proposito dell’autenticità del papiro di Artemidoro ha offerto, a chi scrive, lo spunto per analizzare più da vicino l’attività di questo scrittore dell’antica Grecia e di valutarne la portata, a circa duemila anni di distanza, nel campo di una disciplina come la psicologia.

Stando alle fonti, infatti, Artemidoro fu il primo a raccogliere e organizzare in maniera sistematica dati sull’attività onirica delle persone e, in seguito, divise i sogni in due grandi categorie: quelli non profetici e quelli profetici, quest’ultimo gruppo, poi, prevedeva un’ulteriore divisione: sogni teorematici, quelli il cui significato era palese, di grande chiarezza e comprensibilità, e sogni allegorici, dal carattere enigmatico e oscuro, destinati ad avverarsi in un lungo arco di tempo, che spesso richiedevano l’intervento di un interprete per poter essere ben compresi.

Da questi presupposti, anche se con la differenza di diversi secoli, il salto è breve, infatti, i padri della psicologia moderna come Schopenhauer, Freud e Jung hanno continuato ad avvalersi dell’onirocritica (interpretazione dei sogni) non più per prevedere il futuro o riconoscere in essi il messaggio di una qualche divinità, ma per studiare meglio la psiche dell’uomo: così quelle immagini prodotte dalla mente umana in uno stato di incoscienza, senza alcun freno inibitorio, hanno costituito e, per certi versi costituiscono ancora, la chiave di accesso alla psiche dell’uomo.

In particolar modo, Jung, riconosceva, nelle visioni prodotte dai nostri sogni, degli archetipi che potevano essere ricondotti a una memoria inconscia collettiva, derivante da un’eredità ancestrale. A questo proposito si potrebbe ricordare il mito di Edipo, che, innamoratosi inconsciamente della propria madre, uccide il suo genitore per conquistare la donna amata. Esistono, infatti, nei sogni studiati dai primi psicologi del novecento, degli elementi riconducibili alla simbologia del mito greco sopra citato e che, al di là di qualsiasi volontà parricida, starebbero a rappresentare l’inconscio, ma non morboso, innamoramento di ogni figlio nei confronti della propria madre. Infatti ogni bambino, in un’età che va dai 3 ai 6 anni, attraversa una fase caratterizzata da sentimenti sessuali ambivalenti nei confronti dei propri genitori.
A fare da contrappeso al mito edipico c’è, invece, il mito (complesso in psicologia) di Elettra che rappresenta il desiderio da parte delle bambine a entrare in competizione con la propria madre per conquistare l’affetto paterno, così come l’eroina greca.

Molto più interessante e moderna è la tesi sostenuta da P. De Neuter che identifica, invece, nel mito di Europa la cristallizzazione di una serie di sentimenti opposti a quelli rintracciabili nel mito di Edipo: la principessa Fenicia, infatti, al contrario del principe Tebano, si innamora di Zeus, padre degli dei, e, a seguito di questa scintilla d’amore, viene rapita e portata in occidente, lontano dalla propria madre (rappresentata, nella versione greca del mito redatta da Mosco, dalla terra d’origine della fanciulla: l’Asia).
L’interpretazione psicoanalitica di questo evento mitologico e delle pulsioni più o meno inconsce in esso rappresentate, spiega De Neuter (P. De Neuter, Le Mythe du rapt d’Europe: quelques indications concernant la sexualité féminine, in POIGNAULT – LECOCQ – WATTEL DE COROIZAND 2000, pp. 213-222; R. Poignault-O. Wattel de Croizant (a cura di), D’Europe à l’Europe 1. Le Mythe d’Europe dans l’art et la culture de l’antiquité au XVIIIe siècle, Actes du colloque tenu à l’ENS, Paris (24-26 Avril 1997), Tours 1998), può avere due chiavi di lettura: da una parte è riconoscibile il sentimento che spinge ogni bambina a innamorarsi del proprio genitore, personificato da Zeus, padre degli dei, così da essere spinta, una volta divenuta adulta, a riconoscere come proprio compagno ideale una persona che si dimostri garante del medesimo affetto e della medesima protezione paterna; dall’altra è riconoscibile quella pulsione che spingerebbe ogni uomo (qui rappresentato da Zeus), anche se già sposato, a innamorarsi e vivere una storia d’amore con una giovane ragazza, magari anche vergine (proprio come Europa) e che potrebbe, invece, essere sua figlia. Un tale passo sarebbe giustificabile con la speranza di trovare, in una storia del genere, un’occasione di ringiovanimento.

Queste spiegazioni chiariscono determinati aspetti della psiche umana, ne scandiscono le varie fasi della crescita, caratterizzata ciascuna da determinati sentimenti e pulsioni. Tuttavia l’esasperazione di tali pulsioni così nell’esagerazione fittizia del mito, come nell’esagerazione reale di alcuni eventi quotidiani non può che condurre a situazioni patologiche e, in certi casi, alla tragedia.



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