Freud teorizzò la presenza, parallelamente al principio di piacere, postula l'esistenza di "altre forze o circostanze": si tratta della pulsione di morte, che causa la coazione a ripetere. Partendo da questo concetto, Andrea Vignolo esplora nella sua tesi il concetto di "morte psichica" che caratterizza molte forme di psicosi.

Il concetto fa riferimento "ad un preciso quadro psicopatologico e non è operazionalizzabile, cioè non è basato su specifici riscontri oggettivi, come potrebbe essere quello, ad esempio, di morte cerebrale. Una caratteristica fondamentale del concetto di morte psichica è infatti quella di non essere collegabile ad un fenomeno discreto, come è quello che si riferisce alla morte fisica. Si tratta invero di uno scivolamento progressivo verso una sorta di glaciazione dell’essere, il soggetto non vi è catapultato, non vi giunge all’istante, ma soprattutto il punto di arrivo è indefinito e, a differenza della morte fisica o cerebrale, mai costituito da una totale assenza di vita".

Nella tesi si parte dall'esaminare le teorie psicoanalitiche che hanno approfondito il concetto freudiano di pulsione di morte, soprattutto grazie ai contributi di Bion e Winnicott, per poi esaminare le caratteristiche della schizofrenia, in particolare dei sintomi negativi (catatonia, anedonia, abulia, alogia), così come studiata dagli autori delle teorie psicodinamiche e poi dalle scienze biologiche. Il processo di morte psichica non appare sempre e del tutto irreversibile se, come conclude l'autore:

"L’indicibile angoscia che conduce una persona verso zone sempre più remote e desertificate del Sé, fino ad un abbandono totale del contatto vitale col mondo e col proprio corpo, così da “vincere” per mezzo della morte psichica quel terrore di annientamento che risulta impensabile, può trovare il sostegno giusto anche quando il distacco difensivo è già apparentemente irreversibile. Perché ciò accada, però, l’inganno dell’apparente assenza totale del soggetto non deve avere la meglio.
Gli elementi appena descritti, in un caso caratterizzati dal terrore disgregativo dell’Io, e nell’altro carichi di lungimiranza e di vitalità tali da favorire la ricostruzione di questo Io, si ritrovano nell’ultimo testo che riportiamo a sostegno della nostra tesi. "Diario di una schizofrenica"È qui che dalle parole della stessa paziente, guarita dopo lunghi anni di psicoanalisi, si ritrovano quel terrore e quella disperazione di fronte all’impossibilità di comunicare e di essere capiti che, progressivamente, conducono verso l’annientamento dell’Io e la fuga dal mondo reale. È qui, inoltre, che si scorgono le armi del coraggio e della caparbietà vitale della terapeuta di questa paziente, con le quali ha potuto vincere la battaglia con la morte psichica, che, almeno in questo caso, non ha raggiunto il suo scopo."