Crescere con gli spot: i consumatori adulti di domani

I bambini sin dalla nascita sono esposti alla visione di un numero spropositato di spot.
A differenza di quanto accadeva all’epoca di Carosello, in cui la pubblicità occupava solo il 5% dell’intero palinsesto televisivo, oggi invece ricopre una consistente parte del offerta televisiva riservata ai bambini.
Dall’analisi effettuata dall’Osservatorio sulla Comunicazione Pubblicitaria” (OCP) nel 2006, emerge che “nella settimana campione (15- 21 maggio 2006) il numero di spot trasmessi e rivolto ai bambini è di 1000 pubblicità, 154 in un giorno” (Metastasio, 2007, pag. 37).
Questo dato è inquietante e rende esplicita la portata dell’influenza che la pubblicità può avere sui piccoli.
I pubblicitari, essendo a conoscenza del fatto che la televisione accompagna la crescita dei bambini, mirano a sottolineare, nella creazione dei vari spot, tutti gli aspetti salienti che colpiscono l’attenzione dei bambini.
Oliverio Ferraris (1995) espone chiaramente questi aspetti.
I bambini dai 3 ai 6 anni sono interessati a capire cosa sia maggiormente adatto al proprio genere di appartenenza, per tale motivo le pubblicità mirano a rendere più attraenti le confezioni rispetto al contenuto, sottolineando attraverso l’uso di determinati colori a quale genere si rivolge il prodotto.
Le pubblicità che si rivolgono a bambini di 7-8 anni, puntano invece sugli animali, gli ambienti naturali, le avventure, i personaggi dei fumetti. Inoltre esse fanno riferimento a degli slogan facili da ricordare, i quali saranno riportati anche sulle confezioni dei prodotti.
Per i bambini di età compresa tra i 9 e gli 11 anni, gli spot fanno ricorso a situazioni buffe, star dello sport e dei media, le musiche trascinanti, la magia, l’animazione.
Tra i 12 e i 14 anni diviene più evidente il ruolo che i personaggi carismatici hanno nell’indirizzare le scelte e nel modellare l’identità dei ragazzi, legandoli anche ad una determinata marca. Mentre in precedenza quest’ultima veniva scelta per le immagini, la musica o qualche altro aspetto formale della pubblicità, ora essa viene scelta perché è associata ad un attore, un idolo del mondo giovanile.
Come risulta da quanto sinora menzionato, i bambini, per via della loro tenera età, non sono ancora in grado di compiere tutte le operazioni di analisi delle informazioni trasmesse, interpretazione, confronto con i propri schemi mentali e comprensioni. Tali operazioni tra l’altro, nel caso delle pubblicità, devono essere compiute nel giro di 30 secondi al massimo. Per tale motivo sono più soggetti a risentire dell’influenza della pubblicità.
A questo proposito, ci si potrebbe ben domandare cosa i bambini recepiscano della pubblicità e con quale atteggiamento si pongano di fronte ad essa.
Molte ricerche sui processi di ricezione del messaggio televisivo da parte dei bambini fanno riferimento alla Teoria degli Stadi di Sviluppo di Piaget (1936) (Metastasio, 2007).
Secondo Piaget lo sviluppo cognitivo del bambino è articolato in una serie di stadi di pensiero e, ad ognuno di questi, corrisponde un cambiamento profondo nella logica e nella struttura dell’intelligenza. La sua teoria dello sviluppo comprende quattro fasi:
I. Sensomotorio (0-2 anni)
Il bambino conosce il mondo attraverso schemi di comportamento strutturati (schema vedere - afferrare), ma non ha la padronanza dei pensieri in merito alle azioni (Metastasio, 2007; D’Alessio, Pérez, Gurrieri, Laghi, 2008). A questa età i bambini non comprendono ancora la natura rappresentativa delle immagini televisive (Metastasio, 2007).
II. Preoperatorio (2-7 anni)
Il bambino sviluppa la capacità di usare simboli e rappresentazioni verbali degli oggetti. Egli non ha ancora sviluppato la capacità di prendere in esame più informazioni contemporaneamente. Questo stadio è caratterizzato dal fatto che il bambino non risulta ancora in grado di discernere la fantasia dalla realtà.
III. Operatorio concreto (7-12 anni)
In questo stadio matura la capacità del piccolo di analizzare un numero elevato di informazioni nello stesso momento e di stabilire delle relazioni tra queste.
Il bambino ha sviluppato quelle capacità cognitive che gli permettono di distinguere la fantasia dalla realtà e la pubblicità dai programmi televisivi (Metastasio, 2007).
IV. Operatorio formale (oltre i 12 anni)
A questa età il bambino diviene capace di formulare ragionamenti astratti.
È solo in questa fase che si sviluppa la consapevolezza che dietro ogni pubblicità si nasconde un intento commerciale.
Sin dalla tenera età i bambini si mostrano accoglienti nei confronti della pubblicità. “ La trovano divertente, spiritosa […] realistica […]. I protagonisti sono pupazzi o bambini piccoli che fanno tenerezza, […] mostrano giochi nuovi o trucchi ” (Oliverio Ferraris, 1995, pag. 104).
I bambini colgono prima la relazione tra il messaggio e il prodotto, piuttosto che la finalità commerciale dello stesso. Essi si rendono conto che la pubblicità si riferisce a prodotti e servizi, ma non comprendono ancora che il fine ultimo non è informare ma persuadere all’acquisto.
Robertson e Rossiter (1974) hanno dimostrato che nei bambini vi è un cambiamento dell’atteggiamento verso la pubblicità allorquando essi divengono capaci di attribuire un intento persuasivo allo spot. A quel punto il bambino “ci crederà di meno, gli piacerà di meno e sarà meno intenzionato a desiderare il prodotto” (Puggelli, 2002, pag. 129).
di Emanuela Notarangelo [Leggi la sua biografia »] [Visita la sua tesi »]
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