Oggi si parla molo di DCA e con legittima preoccupazione data la diffusione crescente che questi fenomeni presentano, in particolare nelle fasce più giovani della popolazione, con una incidenza in modo particolare nei bambini e nei giovani adulti. Inoltre se fino a pochi anni fa i disturbi alimentari erano tipici delle ragazze adolescenti, in questi anni ci confrontiamo con la diffusione di tali disturbi anche negli adolescenti maschi. Davanti a tale crescita, che induce alcuni autori a parlare di “epidemia sociale”, è comprensibile come attraverso questa chiave di lettura si moltiplichino ipotesi interpretative e strategie di intervento. Si tratta di forme di disagio articolate e problematiche che coinvolgono diversi livelli, da quello socio-culturale e familiare a quello psico-biologico individuale. Alla luce di queste brevi considerazioni emerge già chiara l’importanza del contributo dell’approccio sistemico, quando non lo si intende restrittivamente come tecnica di terapia familiare, ma piuttosto come una prospettiva teorico-clinica, che per sua natura ha un’apertura verso il molteplice e un forte senso critico verso tutti i riduzionismi. I modelli teorici a disposizione per fronteggiare i disturbi alimentari sono diversi, ma indipendentemente dalla scelta del paradigma, risulta necessario un approccio interdisciplinare che si componga di una pluralità di trattamenti, da quello nutrizionale a quello individuale e familiare e laddove risulti necessario anche farmacologico.