Quando si parla di adolescenza si fa un riferimento automatico al tema del cambiamento, e in genere vi si pensa come a qualcosa di così sconvolgente da aver spesso suggerito la metafora dell’adolescenza stessa come ”tempesta”, come rottura o nuova nascita (Charmet, Maggiolini, 2004). Le ricerche più recenti sul tema suggeriscono, però, un’immagine nel complesso meno turbolenta di quanto siamo portati a pensare, descrivendo una mutazione che ha sicuramente il carattere di un cambiamento ampio, ma del quale si mette in risalto la continuità piuttosto che la rottura, nel suo distribuirsi intorno alle diverse componenti dei compiti evolutivi (Coleman, Hendry, 1990).
Una certa continuità dell’idea del sé caratterizza, infatti, gli adolescenti contemporanei, che quindi non necessitano più di una vera e propria rottura con la famiglia d’origine, come invece avveniva in passato: per crescere, non è più indispensabile separarsi dalla madre e dall’attrazione edipica che esercita, né sconfiggere il padre (Charmet, Maggiolini, 2004).
Per trovare le ragioni profonde di questa differenza rispetto al passato è necessario addentrarsi nel mondo degli adolescenti attuali, facendo principalmente riferimento al cambiamento “a monte”, quello relativo alla famiglia d’origine, che ha introdotto nuove figure genitoriali e ha modificato le relazioni tra i suoi componenti, dando vita al tramonto di Edipo e alla nascita sociale di Narciso (Charmet, 2008).

Quando si parla di un cambiamento nei sistemi di rappresentazione della funzione genitoriale, e in particolare il passaggio dalla ‘famiglia normativa’ alla ‘famiglia affettiva’, ci si riferisce ad un cambiamento profondo, che riguarda gli scopi stessi della famiglia e le funzioni che le vengono attribuite. Nel primo tipo di famiglia, che privilegiava il polo normativo rispetto a quello affettivo, esistevano distinzioni di ruolo precise, con rapporti formali tra genitori-figli: la gerarchia che caratterizzava la famiglia, governata da un’autorità paterna ancora solida, forniva agli adolescenti la motivazione a spostare precocemente il loro interesse all’esterno, alla ricerca di un’indipendenza e di una libertà sessuale che la famiglia del passato non consentiva: un “volgersi altrove”, che spesso avveniva all’insegna della ribellione e dello scontro generazionale (Charmet, Riva, 1995).
Il bambino era visto come polimorfo, colpevole, e la sua natura, considerata espressione di aggressività e sessualità, doveva essere dominata con le regole della cultura (Charmet,2001).
Analizzando il secondo tipo di famiglia, emerge invece il ruolo centrale attribuito all’esperienza genitoriale, che diventa il perno della sua vita affettiva. Il figlio voluto, scelto, diventa l’oggetto di un superinvestimento da parte dei genitori (Charmet, Riva, 1995). Il bambino è visto come una creatura innocente, un cucciolo buono; i genitori lo idealizzano; il bisogno di regole diventa minore: la nuova famiglia tende a rappresentare se stessa come luogo privilegiato di accudimento e protezione; suo scopo fondamentale diventa quello di fornire amore e sicurezza ai figli, soddisfacendone ogni bisogno affettivo, economico e sociale (Charmet, Riva, 1995).
È cambiato il modello educativo familiare (Charmet, 2008); alla rigida suddivisione di ruoli della famiglia del passato, normativa, si sostituisce quindi un diverso equilibrio, come conseguenza di questo nuovo modo di intendere scopi e funzioni della famiglia stessa: tale equilibrio si esprime in una relativa sovrapposizione di ruoli fra le figure parentali, in una maggiore libertà nei rapporti fra i componenti della famiglia, in una maggiore reciprocità, in un’accresciuta disponibilità e apertura al dialogo ( Charmet, Riva, 1995).

Se i rapporti all’interno della famiglia sono cambiati sotto vari aspetti, questo si deve al modificarsi delle figure genitoriali, motore del cambiamento più ampio a livello delle relazioni stesse. Nel complesso i nuovi genitori sono solitamente disponibili e non troppo intrusivi, qualche volta più simili a figure fraterne, attente e collaboranti, che non alle figure paterne autoritarie o alle madri avvolgenti che temono di replicare. Questa posizione può consentire relazioni maggiormente basate sull’ascolto, sulla condivisione reciproca e sul rispetto dei singoli individui, nel contesto di una maggiore ricchezza affettiva (Charmet, Riva, 1995).
Il padre della nuova famiglia è accuditivo, fondamentale in adolescenza. Dalla crisi del padre guerriero, il padre che trasmetteva valori e regole, si è passati al padre empatico, autorevole perché convince, perché competente, che cerca di capire cosa vuole il figlio e quale sia il suo bisogno, invece di imparare semplicemente imitando, a sua volta, il proprio padre. Il “nuovo” padre si mette in una posizione di ascolto della natura del figlio, delle sue esigenze. La crisi del padre come depositario dell’autorità e del potere ha consentito l’emergere di una nuova figura, più amorevole e pronta all’ascolto, capace di svolgere una funzione affettiva in passato di esclusivo appannaggio materno (Charmet, Riva, 1995).
Mentre il nuovo padre non è più rappresentante di regole e valori, ma diventa accuditivo e portatore di affetti, il compito della nuova madre è quello di favorire un buon processo di individuazione del figlio. Obiettivo fondamentale è indovinare la distanza “giusta”, flessibile, rassegnata a non sapere tutto, a non avvicinarsi troppo, ma pronta e disponibile all’emergenza, nella consapevolezza di un’eterna e reciproca appartenenza (Charmet, 2010). L’adolescenza del figlio è il momento più delicato della ricontrattazione dei rapporti affettivi e di potere (Charmet, 2001). La comparsa nella mente del figlio di nuovi valori, non allineati con le tradizioni educative e le esperienze relazionali realizzate dal figlio in famiglia, impone alla madre una riformulazione del proprio mandato educativo (Charmet, 2001).
La funzione di ponte fra famiglia e società, in passato di esclusiva competenza maschile, può essere oggi assunta anche dalle madri; padri e madri sono oggi “intercambiabili” nel rapporto coi figli (Charmet, Riva, 1995).
All’interno di questa nuova famiglia le funzioni del nuovo padre non appaiono più nettamente distinguibili da quelle della nuova madre; nella famiglia affettiva padre e madre sono d’accordo, mandano gli stessi messaggi anche se in modo differente, e il figlio si trova nella condizione di poter scegliere di volta in volta quale registro scegliere, paterno o materno (Charmet, 2001).
Oggi vi è pace tra genitori e figli, e il meccanismo della colpa e del castigo si è estremamente indebolito. Oggi ci si fa obbedire per amore e non per paura come accadeva prima. I genitori non ritengono necessario sottomettere il figlio con minacce e castighi al rispetto della loro autorità; all’opposto sono convinti che la natura del loro “cucciolo” sia buona e per nulla antisociale, e che con molto amore e sostegno da parte degli adulti il piccolo crescerà, bello e sicuro (Charmet, 2001).
Oggi non esiste quasi più il modello educativo della colpa e del castigo, tipico della famiglia normativa:da questo modello educativo veniva il figlio portatore del conflitto edipico, cioè spaventato dai propri impulsi, terrorizzato dalla minaccia di castrazione nel caso si fosse avvicinato alle sue fantasie sessuali ed aggressive, quindi profondamente tormentato da sentimenti di colpa. Edipo è figlio del modello educativo basato sulla colpa (Charmet, 2008), che “muore” parallelamente alla comparsa sulla scena di Narciso, il figlio del modello attuale .



Immagine: Salvador Dalì: La metamorfosi di Narciso