Milan Kundera definì l’adolescenza “l’età lirica”: mi sembra che l’aggettivo calzi a pennello per descrivere un periodo della vita caratterizzato, proprio come l’antica forma di arte poetica accompagnata dalla lira, dall’attenzione al sé, nel tentativo di dare un senso alla propria soggettività, fatta di mente e di corpo, di razionalità e di emozioni, di sogni e di paure, di appartenenza e di diversità. Tutto ciò che nell’infanzia veniva dato per scontato, ora acquista una rilevanza centrale ed è costellato di dubbi e di paure: la domanda di senso “chi sono io?” attraversa tutti gli aspetti della vita. Il corpo cambia in modo così repentino e spesso disarmonico, da far perdere la sicurezza che si aveva negli anni precedenti; la sessualità fa capolino producendo non solo curiosità e piacere, ma anche ansie, timori, sensi di colpa; le emozioni si fanno tumultuose (anche sotto la spinta degli ormoni) e sembrano in netta contrapposizione con la razionalità, prendendo a volte il sopravvento, venendo altre volte, al contrario, celate e controllate; il desiderio di crescere ed emanciparsi spinge da una parte a fare il passo più lungo della gamba, dall’altra può fare così paura da bloccare totalmente; i genitori, prima visti come onnipotenti, vengono ora svalutati e tenuti a distanza.
In tutta questa confusione sembra veramente difficile rispondere alla domanda “chi sono io?”: l’adolescente non lo sa più. Tutto nella sua vita sta cambiando, al punto che la sensazione è quella di non aver più un’identità, di averla smarrita e di doverla ricostruire da zero. I punti cardinali, la bussola emotiva sono all’improvviso inaccessibili, ed ecco che l’adolescente comincia a costruire la propria identità. “Costruire” è il verbo dell’artificiale che si contrappone al naturale, è l’invenzione e non la scoperta. Non sapendo dove e come cercare, l’adolescente inventa, crea. Scopre che in un certo gruppo di amici riscuote successo se è brillante, giocoso, spiritoso. E si mette la maschera del clown. Scopre che a quella ragazza piace il tipo maturo, determinato, trasgressivo. Ecco pronta la maschera del duro. Con quell’altra invece va il personaggio ombroso, malinconico, misterioso. Altra maschera. Scopre che a scuola è richiesto il razionale, il logico, quello che mette da parte le emozioni. Eccolo creato.
In questa pirandelliana jungla di maschere il nostro adolescente si perde, si confonde, non capisce più cosa piace a lui, così desideroso di compiacere o al contrario di trasgredire, ma sempre in balia degli altri. I suoi comportamenti sono sempre “in funzione di” qualcosa, di una situazione, delle persone che frequenta, di ciò che pensa gli altri si aspettino da lui. Le maschere, dietro cui nascondere il volto insicuro, spaventato, timido, diventano compagnia quotidiana, fino ad essere, in alcuni casi, confuse con il volto stesso: a furia di vedere allo specchio l’immagine riflessa della maschera, l’adolescente può arrivare a non toglierla più quella maschera e a confonderla per la propria identità. “Sono come tu mi vuoi”, ed ecco che nasce una falsa identità, un falso sé, per l’appunto costruito.
“Cercare” invece di “costruire” è ciò che permette invece la riscoperta di sé, della propria identità che è già presente in divenire nell’infanzia e che si trasforma ma a partire da un nucleo precedente, lungo una storia precisa che si dipana nel corso degli anni. Il cammino di scoperta di sé, in questi termini, è un viaggio nel passato personale e familiare che prepara al futuro. Scoprire da dove si viene permette di costruire le basi per diventare pienamente se stessi. La tanto sbandierata rottura con il passato, quale segno di emancipazione e maturazione, in realtà spesso nasconde la paura di affrontare la propria storia e il desiderio di trovare una via di fuga. Ricercare la propria identità, che si cela dietro le maschere, spesso inevitabili, è un processo che dura tutta la vita e che permette di trovare il proprio vero sé, cangiante e mutevole ma sempre con un nucleo solido, pulsante di quell’amore che gli aveva dato vita e che continua a sostenerlo ed alimentarlo. Riscoprire la propria storia, rileggerla in funzione di ciò che si è diventati, a qualsiasi punto della vita, significa comprendere perché si è in un certo modo, con certe caratteristiche di personalità, con pregi e difetti, limiti e risorse. Accettare i propri limiti e valorizzare le proprie risorse significa prepararsi al futuro senza assoggettarsi a sogni irrealizzabili ma che fanno tendenza nel gruppo e nella società, e invece credendo nei propri sogni, quelli più veri per sé e quindi più concretizzabili.
Alla luce di tutto ciò, è molto importante sostenere gli adolescenti a ritrovare quella bussola emotiva che permette loro di crescere in sicurezza: il rapporto d’amore con i genitori è come una rete che sostiene e contiene tutte le evoluzioni dei giovani trapezisti sospesi tra fragili equilibri. Così alla domanda “chi sono io?” potrà esserci la risposta “io sono questo, amato per quello che sono”.


Per approfondire l'argomento, puoi consultare l'articolo di Raffaele Crescenzo Adolescenti e genitori: rapporto difficile?